mercoledì 26 marzo 2008

The Top Five Reasons To…


… non perdervi questo film.
Rob (John Cusack), Barry (Jack Black) e Dick (Todd Louiso) sono tre amici, colleghi e sognatori. “Championship Vinyl” è il nome del negozio che Rob gestisce, grazie alla collaborazione dei due amici: si vendono dischi, ma soltanto per palati fini. Non è ritrovo per appassionati di musica semplice, ma veri e propri feticisti musicali. Non è ammessa gente “normale”, quella popola già il mondo che sta fuori. Non si tratta di vendere per denaro, si vende per far conoscere.
Il personaggio di John Cusack è l’elemento chiave del film, capiamo che la regola fondamentale per essere spettatori compiacenti della pellicola, è quella di saper ascoltare la storia della sua vita: il tutto ha inizio con un abbandono. Quando Laura (Iben Hjejle) si lascia alle spalle la porta di una casa che fino a poco prima era appartenuta ad entrambi, entriamo a far parte delle confessioni di Rob, siamo astanti dei suoi intimi fallimenti: diveniamo “il quarto amico” silenzioso del rumoroso terzetto che ci terrà compagnia per quasi due ore.
Rob, sguardo fisso alla telecamera, fazzoletto in una mano, vinile nell’altra, stila immediatamente un elenco dei cinque fallimenti sentimentali più clamorosi della sua esistenza: poco più avanti, percepiamo che il meccanismo della “Top Five” è un gioco che unisce i tre amici che si divertono a ricapitolare qualunque situazione in cinque punti. E’ arrivato il momento di redigere il nostro elenco, con le stesse regole che vigono nella pellicola: cinque soltanto gli elementi della classifica, senza alcuna eccezione o ripensamento. Non sono ammesse sentenze banali. La sincerità, prima di tutto.
Top Five delle ragioni per non perdere questo film:
Primo: il Cast.
Il disordine claustrofobico di John Cusack è imperativo. Un uomo con una vita così vivace non può che avere quotidiani colpi di scena. La normalità e la quiete rappresentano l’eccezione di una vita che, di buono, ha per lo meno i sogni.
L’energia vitale di Jack Black è semplicemente spassosa. Uno che non diventa il suo personaggio, ma lo è. Dalla prima all’ultima riga del copione.
L’estrema timidezza di Todd Louiso è ossigeno. Oserei dire, genuinità. Mieloso al limite del sopportabile, Dick è quell’amico che avrà sempre una guancia da offrire o una spalla su cui piangere senza ritegno. Tiferemo per lui, quando la sua vita subirà una svolta.
Secondo: The Top Five.
Le cinque donne che hai amato di più. Le cinque canzoni più tristi. I cinque motivi per amare una donna. I cinque brani che vorresti al tuo funerale. Le cinque ragioni per smetterla di anticiparvi la pellicola.
Gustose classifiche in cui provare a mettere qualcosa di personale. Vi piacerà.
Terzo: La pioggia.
A volte la si desidera. Personalmente amo l’odore che lascia prima di cadere e dopo. Mi piace il colore del cielo quando si prepara ad un temporale. E gli sprazzi di azzurro che si intravedono successivamente. In questo film, di pioggia, ne cade davvero tanta e per di più soltanto quando il protagonista si trova in situazioni complicate.
Rob è un uomo sbadato e non ha mai l’ombrello.
Quarto: Gli sguardi alla telecamera.
Come anticipato pocanzi, Rob ci racconta (proprio a noi, singoli ascoltatori di una trama spartita da mille altri) le sue vicissitudini con lo sguardo volto alla telecamera, ci coinvolge da qualunque angolo della città e in qualsiasi momento: l’ espressione vagamente sorniona e un po’ abbacchiata di chi ha provato a vivere ogni sensazione possibile. Le sue sole smorfie valgono minuti di monologhi. Senza poi menzionare l’apparizione fulminea del Boss (Bruce Springsteen).
Quinto: L’amore per la musica.
E qui mi sento ineluttabilmente coinvolta. Belle and Sebastian, Beta Band, Laura Love… non la chiamerei casualità, il fatto che stiano colmando il silenzio della mia stanza proprio in questo momento, no?
Ce n’è davvero per tutti i gusti, tranne quelli ordinari. “Alta Fedeltà” insegna a fare della musica un’ottima compagna di ogni momento. Che sia memorabile o meno.
Avere lei come ombra della propria quotidianità, è come un regalo che non ha l’esigenza di essere scartato ogni volta. Ti stupisce e basta.
Ma, probabilmente, per un pensiero come questo non c’era bisogno di un film capolavoro. Soltanto di uno divertente, con mezzi semplici. Proprio come questo.

Trama
La storia di un’amicizia divisa fra passioni (per la musica raffinata e per le donne) e vicissitudini, fra tre giovani colleghi di un fallimentare negozio di dischi.

Citazioni
- Rob (John Cusack) “Che cos’è nata prima? La musica o la sofferenza? Ai bambini si tolgono le armi giocattolo, non gli si fanno vedere certi film per paura che possano sviluppare la cultura della violenza. Però nessuno evita che ascoltino centinaia anzi migliaia di canzoni che parlano di abbandoni, di gelosie, di tradimenti, di penose tragedie del cuore. Io ascoltavo la pop music perché ero un infelice. O ero un infelice perché ascoltavo la pop music?”
- Barry (Jack Black) “Il feticista musicale non è diverso da quello porno”
- Il cliente (Alan S. Johnson) “Cerco un disco per mia figlia, per il suo compleanno, si intitola “I just call say i love you”. Ce l’avete?”- Barry ”Sì” – “Bene!” – “Ce l’abbiamo” – “Bene, posso averlo?” – “No, no: non può!”- “Perché?” - ”Perché è troppo melenso, troppo sdolcinato. Non si entra in un negozio così per una lagna del genere: al centro commerciale!”- “Ma che modi sono?!” – “Ma lei la conosce sua figlia? Non può piacerle quella canzone! Oh,oh,oh… non sarà mica in coma?!”
- Rob riferendosi alla sua ex ragazza Charlize (Catherine Zeta-Jones) “No non ci credo, è sull'elenco, una come lei non è da elenco: lei non è umana, è marziana, irraggiungibile… ”
- Barry “Avevo fatto quella cassetta con gioia. Era la mia cassetta del Lunedì mattina, quella speciale” – Rob “Merd… è Lunedì pomeriggio! Alzati prima no?!”
- Barry “Vorrei uscire con una musicista” – Rob “Io invece vorrei vivere con una musicista”
- “Certe cose bisogna lasciare che avvengono, soprattutto dentro di noi”
- Bruce Springsteen (interpreta se stesso) “Chiamale, chiedi come stanno e se ti hanno perdonato. Loro sarebbero contente, ma tu più di loro. Che ti servano per ricominciare. La vita continua, sarebbe un bene”
- “Ha molta importanza come uno si presenta non come è in realtà”
- “Perché legarsi ai fondamentali diritti a causa dei fallimenti della nostra vita sentimentale?”
- Rob “A quali gruppi ti rifai, i Sex Pistol, i Nirvana, Grande Puffo e Gargamella?”
- Laura (Iben Hjejle) “Sono troppo stanca di non stare insieme a te”
- Rob “La creazione di una grande compilation è una sofisticata forma d’arte che segue regole ben precise, prima di tutto usi la poesia di un altro per dire quello che senti. E’ una faccenda delicata”
- Rob “Devo svolazzare di fiore in fiore per tutta la vita, fino a che ne vedo sbocciare uno? Devo mandare tutto a monte ogni volta che conosco una ragazza nuova? Dall'età di quattordici anni ho lasciato che fossero i testicoli a decidere, e francamente sono giunto alla conclusione che i miei testicoli non capiscono un cazzo”
- Rob “Quelle ragazze sono fantasia e risultano allettanti perché non danno nessun problema e se ne danno sono problemi leggeri e noi due invece abbiamo veri problemi”
- Rob “Le fantasie per definizione sono irreali, quasi mai portano delle sorprese e quasi mai… soddisfano”
- Laura “Ti aspettavi che ti dicessi di sì?” – Rob “Non lo so, non c’ho pensato. Chiedertelo era importante”

Carta d'identità
Titolo originale: High Fidelity
Titolo italiano: Alta Fedeltà
Data di uscita (in Italia): 7 Luglio 2000
Genere: Commedia
Durata: 109'
Regia: Stephen Frears
Cast: John Cusack, Jack Black, Lisa Bonet, Joelle Carter, Iben Hjele, Todd Louiso, Lili Taylor, Natasha Gregson Wagner, Catherine Zeta Jones, Tim Robbins
Da vedere: le top five, le battute esilaranti, l'energia di Jack Black, la leggerezza, la Grande Musica non vi sembrano sufficienti? Lo stile "figlio dei fiori", misto guru di Tim Robbins, potrebbe essere a sua volta un elemento più che soddisfacente.

La vita secondo Woody


La vita dovrebbe essere vissuta al contrario

Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così tricchete tracchete il trauma è bello che superato.
Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai
migliorando giorno dopo giorno.
Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è andare in posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio.
Col passare del tempo le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono.
Poi inizi a lavorare e il primo giorno ti regalano un orologio d’oro.
Lavori quarant’anni finchè non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa.
Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare.
Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finchè non sei bebè.
Quando sei sufficientemente piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene. Gli ultimi nove mesi te li passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i coglioni.

E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo!

di Woody Allen

sabato 22 marzo 2008

La rivincita di Golia


L'episodio biblico più famoso riguardante Davide è quello dello scontro con Golia, il gigante filisteo che terrorizzava e insolentiva gli ebrei, sfidandoli a duello. Dopo quaranta giorni Davide accettò la sfida e riuscì, grazie all'aiuto di Dio, ad avere la meglio sulla forza, tramortendo Golia con un sasso lanciato da una fionda e poi decapitandolo con la spada del gigante. La vittoria lo rese popolare presso gli ebrei e gli valse l'amicizia di Gionata, figlio del re Saul. Successivamente Davide sposerà la figlia del re, Micol.
(Fonte: http://it.wikipedia.org)


Un uomo E’ i suoi errori. La vita è aggrappata saldamente agli sbagli con qualche avanzo di solenne felicità (e fortuna) che, di tanto in tanto, fa virare nella giusta direzione. Ci si può rimpinzare di sfarzo sino a sentirsi sazi ma, prima o poi, ci sarà da restituire. La vita toglie ma non si sdebita mai. In questo duello, a vincere è sempre la sofferenza.
Hank (Tommy Lee Jones) lo sapeva: il male è un punto piccolissimo se lo si guarda all’orizzonte ma, quando si riducono le distanze, accresce sino a farsi sovrano del tuo paesaggio. Sino ad eclissare il tuo orizzonte. Proprio come un gigante che si avvicina alla sua preda. Mai lontano abbastanza per non fare paura, troppo vicino per riuscire a scappare.
L’episodio profetico di Davide contro Golia, insegna che il primo passo da compiere per sconfiggere il male è quello di valicare il muro delle paure. A mio avviso, ancora più importante, è saper riconoscere le proprie angosce.
Dicono che il male abbia forme diverse: che sia quel mondo di mostri ed ombre che faceva capolino non appena mamma spegneva la luce della nostra stanza da bambini, che abbia l’abito del rimorso così stretto da non farci respirare. Che si tramuti in “fatale leggerezza”, così grande da cambiare il destino di un uomo, o di una moglie o di un figlio. Pur avendo sembianze differenti, il male è sempre lì, ad aspettarci dietro l’angolo di ogni età.
E Davide? Davide (noi) aspetta. Quaranta giorni, noi magari una vita intera. Ma poi decide di affrontarlo questo male. E senza indugi, né armi potenti. Solo con il proprio coraggio e, se si vuole, l’intima Fede.
Nella Valle di Elah” è un film bellissimo. Che insegna, commuove e rende vulnerabili. Percuote il cuore dello spettatore come il tempo scalfisce lo scorrere della vita: illude (dov’è quel figlio che non torna?), pugnala alle spalle (si è così consapevoli della tragedia che si aspetta solo di viverla, eppure ci si riscopre addolorati e inconsolabili), rende ingiusto il ritmato senso del quieto vivere (avendo perso il figlio più grande, perché togliere lui anche il secondo?), ci si sente impotenti di fronte alla sconfitta (un buon padre, dopo due tragedie così inspiegabili, diviene riflesso degli errori che, probabilmente, ha involontariamente commesso). Può una bandiera alzata al vento (il patriottismo, comoda consolazione), riportare la gloria e la pace in una vita ingiustamente distrutta? Possono, i principi morali di un uomo, divenire causa del suo male di vivere?
Golia è così vicino, così grande, così sicuro di sé, da concedersi di intaccare la realtà di uomini che incontrano Hank lungo il viaggio della speranza e della verità. Il male torna sempre, prima o poi.
Le rughe sempre ben visibili di Tommy Lee Jones, segni indelebili di un tempo beffardo, che nemmeno ti aspetta ed in più ti scava il viso (complice insieme a Josh Brolin di un piacevolissimo déjà vu – dov’è Javier Bardem con il suo fucile ad aria compressa?), gli occhi indescrivibili di Susan Sarandon (una delle mie interpreti preferite) quando si trova di fronte a quel vetro che restituisce il corpo di un figlio che non c’è più (ad essere precisi, nemmeno un corpo). Sublime Charlize Theron, poco trucco, capelli scuri in contrasto con quei grandi occhi chiari, determinata e sfrontata come ogni donna vorrebbe essere, così perfetta che il tempo a lei dedicato non sembra mai sufficiente.
Cast perfetto per una trama affrontata con stile. Hank (un padre convinto che i valori considerati essenziali di un tempo siano rimasti immutati) rappresenta la parte sicura, quella a cui noi spettatori ci affidiamo come per proteggerci, la sponda su cui preferiamo traghettare nel momento del dolore. Dall’altra parte della riva, le sofferenze di Joan (Susan Sarandon) ci distruggono. Se ci lasciamo trasportare dalla corrente, lontani dai tormenti dei due genitori, giungiamo laddove non c’è corrente ma speranza: la determinazione di Emily (Charlize Theron), dapprima indifferente, ci farà strada verso la (scomoda) verità. E, alla resa dei conti, anche chi era dalla parte del male finisce per arrendersi ad una forza più grande: la coscienza.
Una pellicola che denuncia il mondo truce della guerra senza mai mostrarlo chiaramente. Spetta alla sensibilità dello spettatore coglierne le piccolezze.
Piccola curiosità: inizialmente il regista voleva affidare la parte di Hank a Clint Eastwood. Amando moltissimo il viso segnato dal tempo di Tommy Lee Jones, non ho nulla da obiettare sulla scelta ultima. Piuttosto, il film in sé, ha atmosfere vagamente "eastwoodiane". L’occhio (e il cuore) esperto di Eastwood, forse, avrebbe potuto offrire qualcosa di più a questa già bellissima pellicola. Nulla togliere, naturalmente, all’abilità di Paul Haggis.
Trama
Il patriottico Hank (Tommy Lee Jones), reduce della guerra in Vietnam, decide di partire per la base militare di Fort Rudd, dove il figlio Mike (Jonathan Tucker) ha fatto ritorno dall’Iraq, per poi sparire nel nulla. Grazie alla sua caparbietà di padre (lui e la moglie Joan (Susan Sarandon) anni prima avevano perso il loro figlio maggiore) e con l’aiuto della detective Emily (Charlize Theron) riuscirà a trovare il corpo senza vita del figlio (ammazzato brutalmente), prima, e la (scomoda) verità, successivamente.

Citazioni
- Hank (Tommy Lee Jones) “Ti chiamo domani sera, appena arrivo” - Joan (Susan Sarandon) “Ci vogliono due giorni” – “Per qualcun altro”
- Hank “Voglio vedere mio figlio” - agente “Non è il modo giusto per ricordare suo figlio” – “Forse no, ma è così che ha lasciato questo mondo”
- Hank “Lei pensa che è un contrabbandiere perché parlava spagnolo?” – agente “No, perché gli hanno tagliato le mani e la testa”
- Emily (Charlize Theron) “Mi dispiace molto per suo figlio” – Hank “Me lo dimostri” – “Scusi?” – “Mi mostri dov’è morto”
- “Comunque sono gli eccentrici e i disadattati a fare qualcosa nella vita”
- Alla madre di Mike, Joan (Susan Sarandon), gli viene mostrato la salma del figlio “Non c’è nient’altro? E’ tutto ciò che è rimasto di lui? E lo tenete in questa stanza fredda? Sembra così fredda questa stanza”
- Militare compagno di stanza di Mike “Col vecchio non vado molto d’accordo. Voi parlavate?” – Hank “Certo, ma si vede mai abbastanza”
- “Non dovrebbero mandare gli eroi in un posto come l’Iraq”
- Agente “Le risulta che suo figlio aveva dei nemici?” – Hank “Intendi oltre ai milioni di iracheni che volevano ucciderlo qualche settimana prima?”
- Hank “Non si colpisce con una freccia un uomo che ti sfida con una spada”
- Hank raccontando l’episodio biblico di Davide contro Golia “La prima cosa che ha superato è stata la paura"
- Emily “Lei è un buon padre, non deve dimostrare che gli voleva bene, lui lo sapeva”

Carta d'identità
Titolo originale: In the Valley of Elah
Titolo italiano: Nella valle di Elah
Data di uscita (in Italia): Venezia 2007 - 30 Novembre 2007
Genere: Drammatico, Guerra
Durata: 120'
Regia: Paul Haggis
Cast: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, James Franco, Susan Sarandon, Josh Brolin, Jonathan Tucker
Da vedere: oltre a vantare di un cast eccezionale, è caratterizzato da una trama di ottima qualità. Toccante.

Dedico questa recensione (non per il contenuto, naturalmente. Proprio per l’atto in sé di rendere omaggio ad una persona dolce) ad un amico che non c’è più. Ad un amico che diceva spesso che il mio sorriso era speciale. Non so se questo è vero, so che il suo aveva una luce sincera. Mi mancherai Luca, tu ed il tuo caffé macchiato caldo al bar. Te ne farei miliardi ora che ho imparato a fare la schiuma. Ora che a quel bancone non ti ci appoggerai più, quella schiuma ha poco senso. Buon viaggio “orso buono”.

mercoledì 19 marzo 2008

Lampi di Genio (capitolo 6)


Puntata andata in onda l’11 Marzo 2008
- Cuddy (Lisa Edelstein) “Il Dottor Foreman sarà i miei occhi e le mie orecchie” – House (Hugh Laurie) “Ah, nel caso dovessero servirmi dov’è che il Dottor Foreman terrà le mie palle?”
- House rivolto al Dottor Foreman “Hai avuto un aumento? Perché allora saresti una putt… . O non l’hai avuto? Perché allora saresti una putt… stupida"
- Candidato “Lieve sepsi difficile da trovare” – House “Sarà meglio trovarla in fretta se solo lo sfiora una brezzolina fresca il sangue diventa sbobba e lui crepa”
- Foreman (Omar Epps) “Sono un medico!” – House “Laurea per corrispondenza. Sul diploma “università” è scritto con due enne!”
- Wilson (Robert Sean Leonard) “Hai fatto bene a venire da me” – House “Mi serviva un oncologo pieno di sé” – “No, un oncologo autorevole” – “Quanto ti odio”
- Cuddy “La tua equipe, compreso Foreman, al momento si sta occupando del grande panico da maionese del 2007. Francamente credo che possa diffondersi anche in altri continenti”
- House “Chi di voi non ha l’assicurazione sanitaria?” – tutti i pazienti presenti in sala alzano la mano – “Ah, Michael Moore ha ragione”
- House “Lo scopo nella vita non è eliminare l’infelicità, è mantenere l’infelicità al minimo”
- House “Al mondo ci sarà sempre l’infelicità, bisogna accettarlo… per questo sono tanto felice”
- House è in bagno, fuori dalla porta Foreman lo cerca insistentemente, House “Senti questa puzza? Non diventerà più gradevole” – sciacquone – “Questo era uno sciacquone di cortesia, non ho ancora finito”
- Cuddy “Gli vuoi provocare la febbre?” – House “Se non vuoi tuffarti con lui nella vasca con indosso una maglietta bianca mi serve un altro modo per scaldarlo, sennò muore”
- House, si descrive ad un candidato “Sono un accecante fonte di luce che emana potere!”

Puntata andata in onda il 16 Marzo 2008
- House (incredulo) ad un agente della Cia venuto a offrirgli un caso “Se devo andare da qualche parte è meglio che ci siano almeno cinque ragazze ed è meglio che vadano al college”
- House allo stesso agente “I Village People hanno fatto quella cosa vestiti da poliziotti, ma andiamo la Cia, chi vuoi che la beva!”
- House ad un collega che si presenta come Curtis “Curtis e “L’immunologia”, quel Curtis?” – Curtis “Lo ha letto?” – “No, ma tiene dritto il mio pianoforte”
- House alla Dottoressa della Cia “Per tua informazione, la mia assicurazione non copre le autopsie sugli alieni” – Dottoressa “Gli x-files sono in un altro reparto”
- La Dottoressa non intende fornire alcuna informazione riguardo al paziente da curare, Curtis “Che ci può dire del paziente?” – House “Già… Oswald ha fatto davvero sesso con Marilyn Monroe?”
- Curtis “Qui dice che ha mangiato tante castagne!” – House “Oh, se è coinvolta la lega per la salvezza degli scoiattoli io me ne vado. Detesto quei roditori”
- Dottoressa “Sa che non glielo posso dire” – House “Allora perché siamo qui, potevi cercare “veleno” su Google”
- Dottoressa “Sappiamo che è stato in Bolivia” – House ”E chi c’è da uccidere in Bolivia? La mia cameriera?” – “Non uccidiamo le persone” – House “Oh, scusa chi c’è da emarginare? Se è la mia cameriera se lo merita, pulire i vetri vuol dire pulire tutte e due le parti, ho ragione o no?”
_ Curtis “Perché dovrebbe mentire?” – House “Si sente in colpa perché uccide la gente, chiunque si ubriacherebbe” – Paziente “Noi non uccidiamo le persone” - House “Certo voi mentite ad amici e famiglia, vi create false identità, convincete la gente a tradire. Non nasconderebbe mai di bere, è troppo onesto! Ehi, c’è una cosa che ho sempre voluto sapere: perché il rossetto che Ginger ha usato per baciare Gilligan non l’ha uccisa, eh?”
- Dottoressa “Crede che comportarsi da idiota e parlare di sesso funzioni con le donne?” – House “Se così non fosse, la razza umana si sarebbe già estinta “
- House, sicuro di aver trovato la cura esatta, osserva Curtis e la Dottoressa che si accertano delle condizioni del paziente che però non dà segni di vita, “Forse è soltanto sopraffatto dalla gratitudine”
- House a Curtis “Ho commesso un sacco di sbagli, ma a te non dà retta quindi o io le piaccio alla follia o lei odia te alla follia… e io sono venuto con il jet!”
- House alla Dottoressa “Accantoniamo la parte medica e vediamoci a casa tua per un corso di aggiornamento sulle tecniche di interrogatorio. La mia parola in codice è “Aiuto ti prego ti prego stop”, due “ti prego”, ogni altra cosa può continuare” – Dottoressa “Guarisca quest’uomo e le mostrerò la mia tortura preferita. Abbiamo bisogno di consultare un oncologo per la chemio” – House “Oh, scusa! Credevo fosse un eufemismo!”
- House chiama Wilson, questo esclama “Mi chiedevo quando avresti risposto alle mie chiamate” – House “Oh, non potrei mai stancarmi di ignorarti”
- Per accertarsi dell’effettiva presenza di House alla Cia, Wilson chiama un numero interno, al quale risponde proprio House “Ispettore Gadget” – Wilson “Ma allora… sei veramente alla Cia” – House “Dovresti venire qui, c’è un satellite puntato sulla vagina della Cuddy… io ho detto che le probabilità di invasioni erano zero ma…”
- Wilson”Hanno fatto un controllo su di te? Se hanno fatto un controllo su di te l’hanno fatto anche sui tuoi amici” - House “Rilassati, sanno già che hai portato eroina dall’Afghanistan” – Wilson “Io non sono mai stato in Afghanistan”

martedì 18 marzo 2008

Qualcuno gradisce una barba gratis?


Amo i contrasti poiché hanno moltissimo da raccontare. Il giorno e la notte, per esempio, non sono soltanto luce e buio, ma nel loro inseguirsi concedono ore di crepuscolo nelle quali ci si prepara al riposo dopo un giorno vissuto e ore di chiarore dove si è pronti per un’altra giornata da vivere. Per godere dei loro colori netti si passa attraverso gradazioni che ne congiungono le due estremità.
Sweeney Todd” è una pellicola ricca di contrasti. Ma l’estro geniale e inarrivabile di Tim Burton ce li spiattella senza ritegno né sfumature transitorie. Il risultato è garantito: un cataclisma di sorpresa e sbigottimento ci allargherà le vedute, senza alcun preavviso.
Il primo a tornare alla mente è certamente uno sfondo di tela scuro e cupo sul quale viene improvvisamente versata della vernice rossa. A fiotti. Già, perché la pellicola ha una scenografia tetra, priva di colori vivaci, che ci renderà immancabilmente partecipi. Quando a contrastarla subentra il rosso vivo di un sangue fittizio, l’effetto è indubbiamente fortificato.
A circa metà del percorso, la pellicola incappa in un’anomala atmosfera ossia, quel cielo eternamente coperto di nubi grigie e minacciose si fa limpido, di un azzurro quasi eccessivo che ci stropiccia gli occhi. La vivacità di quei colori, al posto di far respirare gli orizzonti, sembra quasi soffocarli.
La spiaggia chiara e sabbiosa, per un breve istante, sostituisce case e strade (sempre grigie) come se d’improvviso una carezza dolce si facesse a pugno per colpirci proprio sotto al mento. Assolutamente da menzionare la sottigliezza riguardo agli abiti: anche loro subiscono la brusca metamorfosi. Gli unici a non accorgersi dell’improvviso cambio di scena sembrano i protagonisti stessi: i loro volti, infatti, restano pallidi e spenti. Soprattutto quello di Mister Todd (Johnny Depp), il cui entusiasmo sembra prendere vita soltanto di fronte alle amate e affilate lame d’argento.
Johnny Depp, implacabile e strabiliante trasformista, veste i panni di Sweeney Todd (o se volete Benjamin Barker) il barbiere spietato: attraverso la sua bravura, il personaggio acquista una tenebrosa armonia in conflitto con la delirante sete di vendetta. Risultato di un’ennesima interpretazione senza sbavature.
Altra nota di merito va a Helena Bonham Carter (o signora Burton, che dir si voglia): la venditrice di pasticci di carne che, come noi, si innamora inevitabilmente di Sweeney. Tagliente e sagace, Mrs Lovett, diventerà immediatamente un personaggio a cui si presta minuziosamente attenzione.
Una pellicola che si fonde con le impronte indelebili del musical, senza però rincarare la dose (o quasi). Le voci (senza doppiaggio) dei personaggi, con l’aggiunta dei sottotitoli altro non sono che l'ennesimo aspetto sorprendente (fatta eccezione di Helena Carter: le sue doti canore erano già alle orecchie di tutti in “La sposa cadavere”).
Ma anche l’intorno ha un colore straordinario: questa Londra disegnata e ottenebrata, piovosa e intima (Oscar (quello per la miglior scenografia) meritatissimo, ai “nostri” Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo). I personaggi (tutti, senza esclusioni) hanno un ruolo ben definito e cucito in abiti perfetti. La colonna sonora (ma quando mai la fallisce?) è tessuto delicato ed aderente al corpo delle immagini, lasciando allo spettatore la sola libertà di emozionarsi, senza il minimo sforzo.
Entrare nel mondo di Tim Burton, come già ho più volte menzionato, è come spalancare quella di un sogno dal quale ci si sveglia sempre malvolentieri. Nonostante la vendetta, stavolta, sia stata servita su un piatto caldo e ben cotto, il sapore è sempre quello instancabile dello stupore.

Il voto è dettato dal fatto che, non sempre, i musical mi coinvolgono totalmente. A discolpa di questo, il lavoro di Burton resta un’opera senza tempo.
Trama
Benjamin Barker (Johnny Depp), torna a Londra dopo che anni prima ricevette un’ingiusta condanna da parte del giudice Turpin (Alan Rickman). Affitta una bottega in Fleet Street e sotto il falso nome di Sweeney Todd, riapre l’attività di barbiere con il quale, negli anni precedenti, manteneva la sua felice famiglia (allontanata da lui, dopo la pena). Accecato dalla rabbia e desideroso di placare la sete di vendetta, il nuovo Sweeney (con il prezioso aiuto di Mrs Lovett (Helena Bonham Carter), la venditrice di torte al pasticcio di carne), tramerà un piano per rivendicare l’amata figlia Johanna. Film tratto dal musical "Sweeney Todd: The Demon Barber Of Fleet Street".

Citazioni
- Sweeney Todd (Johnny Depp), avendo fra le mani l’amato rasoio “Finalmente il mio braccio è di nuovo completo”
- Sweeney “Su questa lama coleranno rubini... Preziosi rubini”
- Sweeney “Questi sono tempi disperati e bisogna ricorrere a disperati rimedi”
- Sweeney “Avrò la mia vendetta. Avrò la mia salvezza”
- Sweeney “Mai dimenticare, mai perdonare”
- Sweeney “Da quel dolore nacque un uomo nuovo…”
- Sweeney “Nessun Barker: c'è solo Sweeney Todd e avrà la sua vendetta!”
- Sweeney “C'è qualcuno che gradisce una barba gratis?”
- Johanna “Non ho mai avuto sogni, solo incubi…”
- Mrs Lovett (Helena Bonham Carter) “La vita è per i vivi…”
- Mrs Lovett “Si, tutto questo è perfetto...ma di lui che ne facciamo?”
- Mrs Lovett “Il problema dei poeti è che non si capisce se sono morti…”
- Sweeney “Tornerò di nuovo quando avrete un giudice al menù…”

Carta d'identità
Titolo originale: Sweeney Todd: The Demon barber of Fleet Street
Titolo italiano: Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street
Data di uscita (in Italia): 22 Febbraio 2008
Genere: Musical, Thriller
Durata: 117'
Regia: Tim Burton
Cast: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Timothy Spall, Anthony Stewart Head, Jamie Campbell Bower, Anthony Head
Da vedere: entrare nel mondo (qualsiasi mondo) di Tim Burton significa (sempre) invadere uno spazio incontaminato e magico. Affascinante.

venerdì 14 marzo 2008

Morire… per vivere


MORTE: Avvocatessa Julia (Belen Rueda) “Perché morire?” – Ramon Sampedro (Javier Bardem) “La vita per me in questo stato… la vita così non è vita. Chi sono io per giudicare chi vuole vivere? Per questo chiedo che non giudichino né me né chi mi aiuterà a morire” – “Credi che qualcuno ti aiuterà?” – “Dipenderà da quelli che conducono il gioco e dalla loro paura. Non ci vuole tanto, la morte c’è sempre stata, alla fine tocca a tutti. Se fa parte di noi perché si scandalizzano tanto perché io dico che mi va di morire, come fosse qualcosa di contagioso”.

Ramon “Voglio vedere se sono l’unico che pensa alla morte, tu ci pensi alla morte?” - Julia “Certo che ci penso, solo che evito che sia il mio unico pensiero”

Un tuffo. Verso cosa? La fine della vita.
La morte non è nient’altro che l’apogeo della vita. Possiamo incontrarla solo dopo aver vissuto? No. La si può trovare anche vivendo. Le camminiamo accanto, ignari spesso di esserci così vicini. E’ lei la nostra ombra.
Ramon (Javier Bardem) non solo l’ha incontrata (lassù, su quello scoglio e poi giù, verso il mare – “C’ho pensato soltanto dopo, ma ormai ero già in volo”), sfiorata, e sentita respirare, ma la tiene accanto al proprio letto. Dove da ventotto anni non trova né pace, né libertà.

AMORE: Avvocatessa Julia “Immagino che il mare abbia un grande significato per te” -
Ramon “Bè, mi ha dato la vita e poi me l’ha tolta, non so che significato ha”

Il mare. Lo vediamo danzare vittima del vento, suo fedele compagno. E’ incolore, eppure le sue profondità gli donano una gradazione indefinita ma di un fascino inebriante. Da quella distesa inesauribile e senza tempo, Ramon, si è lasciato inghiottire, inconsapevole che quel tuffo sarebbe stato anche l’ultimo. Seguiamo la scena immobili e senza fiato, vorremmo urlare di non tuffarsi, di calcolare le distanze, di non lasciarsi trarre in inganno dall’odore pungente della salsedine. Ma è troppo tardi, il corpo si fonde con quelle onde e con lui anche l’anima. Attendiamo che si senta il rumore di un collo che si spezza o di un grido silenzioso, ciò di cui siamo spettatori è anche peggio. Un corpo inerme, sospeso da una forza maggiore della gravità, l’assenza di colore e di suoni. Solo quegli occhi, privi di vitalità. E poi una mano, che significa vita ma non necessariamente salvezza.

Avvocatessa Julia “E lei chi è?” – Ramon “Una” - “L’amavi tu?” – “La questione non era questa. La questione era se io ero disposto ad amare in questo stato” – “Ti neghi l’amore…” – “Perché non posso amare” - “I tetraplegici non hanno il diritto di innamorarsi?” – “Ma chi sta parlando di tetraplegici, io sto parlando di me”

Ramon “Spero non sei venuta a vendermi quella voglia di vivere che tu hai sempre” –Rosa (Lola Dueñas) “Volevo farti vedere i miei figli” – “Questo mi piace di più”

Le donne. Due. Julia (Belen Rueda) e Rosa (Lola Dueñas). La prima, impegnata a difendere la causa di Ramon. La seconda, occupata a rendere migliore una vita infelice. In comune il desiderio di rendere speciale gli ultimi giorni di vita di Ramon. Ma, inaspettatamente, ciò che si trovano a dover ammettere è che accade paradossalmente il contrario. In quell’uomo immobile, non per propria volontà, riscoprono la gioia di esserci e di amare: Julia (anch’ella colpita da una malattia degenerativa) scava nella vita del suo cliente, riscoprendo il senso umano della sua. Rosa, dapprima compassionevole nei confronti del protagonista, diviene poi vittima della sua stessa condizione di donna frustrata. Entrambe trovano forza per riemergere dall’ovvietà del dolore, proprio grazie al coraggio di Ramon.
E poi c’è Manuela (Mabel Rivera) che invece accudisce Ramon da ventotto anni ( “come fosse mio figlio”). Nel suo silenzio e nei suoi gesti amorevoli (proprio come una madre di fronte al proprio figlio) scopriamo (circa a fine pellicola) che c’è molto di più che un dovere. Quando, dal vescovo, viene messo in discussione l’amore della famiglia nei confronti di Ramon, è la sola a valicare il muro della timidezza e urlare al mondo intero il suo atto d’amore.

RESPIRO: Gené (Clara Segura) “Permetti a quest’immagine serena di impadronirsi di te. La sensazione di pace è infinita”

Lo ascoltiamo nei primi secondi del film, colonna sonora della frase citata pocanzi. Un respiro profondo, tranquillo, senza fretta. Ci permette di immaginare. Sentire la ritmicità con il quale Ramon (soprav)vive ci dona una prospettiva di come si sente. Lo riascoltiamo “in volo”. Quando il protagonista sogna di alzarsi da quella prigione a forma di letto e di lanciarsi dalla finestra: volare è il sogno di ogni uomo. A questo punto il fiato diviene intenso e acquista un significato di pace. Liberatorio. Leggero. L’ultimo respiro che percepiamo è quello della morte. Sofferto, quasi un soffio di dolore. Ma sappiamo che da esso, prende finalmente vita la libertà di volare.

EFFIMERA: Ramon “Io invece mi alzo e vado a preparare il caffé”

Ramon “Non credere che mi piaccia alzarmi presto”

Avvocatessa Julia “Ti interessano i dibattiti?” – Ramon ”Sì, mi mettono in moto”

Avvocatessa Julia”Com’eri da giovane?” - Ramon “Perché, ti sembro tanto brutto adesso?”

Ramon “Metti sopra un cuscino per appoggiare la testa. Non sia mai che cado di lato e mi rompo il collo, eh? Ti è piaciuta? Mi rompo il collo!”

Ramon guarda il piccolo che si è addormentato sulle sue gambe “E’ crollato come un sasso. Certo… io non mi muovo”

José - padre di Ramon (Celso Bugallo) “Dovresti stare mezzo sdraiato figlio mio, pensa se dormi durante un’udienza” - Ramon “Dormo se non dicono cose interessanti, papà”

La gioia. Ramon è un uomo ricco di coraggio e di lealtà. Per questo chiunque abbia a che fare con lui, ne prende esempio. In mezzo a tanto dolore, c’è spazio anche per un sorriso ingenuo. Un istante di breve durata, ma pur sempre reale. Il potere del protagonista (pittore di parole e poesie) è quello di trasmettere senza il bisogno dei gesti, del contatto, del dinamismo. Infondere calore ed energia, restando immobile. Per questo assumono importanza la vivacità dei suoi occhi e dei suoi pensieri.

DOLORE: “Quando uno dipende dagli altri per tutto, perde la sua intimità”

L’intimità. Tesoro della vita quotidiana di ogni uomo, senza di lei non sarebbe vita. Acqua che disseta la frenesia di ciascuno. Senza bere, un uomo può anche morire. Nasce da questo il grande dolore di Ramon. L’incapacità di alzarsi a preparare un caffé quando se ne sente il bisogno, di cambiare canzone quando questa non è gradita, di cullare un bambino stanco di restare sveglio. Il nipote ed il padre hanno creato, intorno al suo letto, apparecchiature in grado di restituirgli l’illusione di un po’ di indipendenza. Ma l’apparenza è amara, quando si scrive con i denti o si risponde al telefono mediante la bocca. Le realtà pesa come un macigno, quando giunge Manuela ogni tre ore a cambiare la posizione di un corpo che nemmeno volendo sente più suo.

EUTANASIA: Ramon “Che cosa sono due metri? Un tragitto insignificante per qualsiasi essere umano, per me sono un viaggio impossibile, una chimera, un sogno. Per questo voglio morire”

“Una libertà che elimina la vita non è libertà” - Ramon “E una vita che elimina la libertà? Neppure è vita”

Mesi fa seguii un convegno sull’eutanasia. Si trattava di un corso sull’assidua battaglia fra etica e scienza. Due parti che, a mio avviso, mai e poi mai andranno d’accordo. Proprio durante quel dibattito si menzionò “Mare Dentro”, ricordandola come una pellicola di grande riscontro morale. Soltanto ora, dopo la visione di questo film, ne riconosco la sua grandezza La forza d'animo di Alejandro Amenábar (il regista) di affrontare una tematica così controversa e mai facile, gli dona una rara bellezza. Vorrei evitare un mio giudizio personale sulla questione (per evitare di incappare in soliti temi religiosi e via dicendo), ma non mi riesce: di fronte a tanta sofferenza (quando si è capaci di intendere e volere) si ha il diritto (ed il dovere) di cambiare la sorte. Nessuno ha potere sulla nostra vita, se non noi stessi. Come si può vivere una vita che non si riesce (né si vuole) ad accettare?

NEGAZIONE: Ramon “La paura è un’arma molto potente. Ti toglie la capacità di decidere“

Ramon “Per me, ciò che conta, è ciò che le persone hanno nella testa”

Avvocato del protagonista “Quello che noi appoggiamo è la libertà di chi vuole vivere e di chi vuole morire”

Ramon “Accettare la sedia a rotelle sarebbe come accettare le briciole di quella che era la mia libertà”

Non esiste cura. Non vi è medicina. Né miracolo che possa far alzare da un letto un uomo come Ramon. L’illusione, invece, di poter trovare la felicità fra le lenzuola e le pacche sulle spalle (che nemmeno sentiranno) di visitatori distratti, diventa negazione di fronte alla “morte indolore”, “suicidio assistito” o come lo volete chiamare.

Rosa “Se solo potessi aiutarti a guarire, non a morire”

L’impotenza è parte centrale di questa pellicola: ciascun personaggio che ruota intorno al protagonista (lui stesso compreso) si sente incapace di almeno un’azione. Ma di fronte a questa immobilità, c’è il dolore, le lacrime, la ribellione. Quando a decidere (e a negare) sono uomini abituati ad avere potere, perché questo non si verifica? Perché non c’è rabbia o frustrazione nei loro occhi? Solo passività. Come se quel “NO” pronunciato in un’aula di tribunale, non cambiasse il destino di un uomo.

TURBAMENTO: Avvocatessa Julia “Perché sorridi tanto Ramon?” - Ramon “Quando uno non può scappare e dipende costantemente dagli altri, impara a piangere ridendo”

Mare Dentro” ha avuto un impatto devastante dentro di me. Mi ha scossa a tal punto da togliermi l’appetito, il sonno e la voglia di interagire. Mi sono chiusa nel mio dolore, come se l’evento tragico fosse presente realmente nella mia vita. Disordine che sfuma, naturalmente, con il passare del tempo ma che è capace di soffiare malinconia ogniqualvolta si rievoca un fotogramma. E’ il potere della bellezza. Seppur breve, è capace di durare in eterno.
Si piange, si sorride e si piange di nuovo, senza sosta né ritegno. Meglio se si è soli, l’intimità permette una certa libertà di reazione, se non si è preparati a tanto dolore si rischia di trattenere emozioni che,invece, necessitano di esplodere. Perché è giusto così. Commuoversi senza vergogna, è restituire sincerità ad un film che la merita.

José “C’è una cosa sola peggiore della morte di un figlio. Che voglia morire”

Non a caso cito questo pensiero del padre del protagonista. Il loro rapporto non viene caricato. Solo vissuto. Il padre è un uomo silenzioso, impacciato e onesto. Nei suoi brevi dialoghi e timidi gesti c’è tutto l’amore (irrefrenabile) di un padre che non desidera altro che la gioia sublime per un figlio che tanto ama. Estremamente profondo.

RABBIA: e tanta. Non solo lacrime sincere, ma anche collera nei confronti di quegli uomini potenti ma pieni solo di sé stessi. Come si può lasciare un uomo morire da solo? Come si può lasciarlo vivere nel dolore? Disprezzo chi vive nell’indifferenza. Assoluto rispetto per chi (come Manuela) si prodiga per chi ha bisogno.

OCCHI: ho imparato a conoscerli piano piano. Folli e glaciali in “Non è un paese per vecchi”, profondi e sofferti in “Mare Dentro”. Javier Bardem è molto di più che un comunicatore, è emozione pura. Basta osservare il suo sguardo per cogliere anche la più impercettibile sensazione. Questi occhi portano lontano, laddove altri interpreti non sono mai arrivati. Oscar meritatissimo. Avrà in futuro la mia più profonda attenzione.

“Per me questo non è vivere con dignità. Io avrei desiderato almeno morire con dignità. La meccanica che porterà alla mia morte è stata scrupolosamente suddivisa in piccole azioni, ognuna delle quali non costituisce reato, ognuna compiuta da una diversa mano amica. Se comunque lo Stato insiste a punire chi mi ha aiutato io suggerisco il taglio di quella mano, perché quello è stato l’unico contributo. La testa, cioè voglio dire la coscienza l’ho messa io”

Spezzano il cuore le sue ultime parole. Lì, davanti a quel bicchiere che contemporaneamente ridarà a Ramon la morte e la pace, pronuncia questo pensiero, con voce chiara e altisonante. Come per infondere sicurezza. Lui non pone fine alla sua vita, va soltanto incontro alla morte. Perché quella che tutti noi chiamiamo vita è rimasta laggiù, nel fondale di quel mare che non ha colpa, se non quella di essere fatalmente meraviglioso.

Trama
Ispirato ad una storia realmente accaduta, “Mare Dentro” ci proietta nella vita di Ramon Sampedro (Javier Bardem), costretto a (soprav)vivere di silenzi e immobilità, inchiodato ad un letto da ventotto anni. Ramon è infatti tetraplegico, dopo un incidente capitatogli in mare. Un errore di distrazione, che però ha pagato con la sofferenza ed il dolore. Sensazioni che lo portano a desiderare solennemente di morire, fuggire cioè da una vita che non gli appartiene più da ventotto anni.

Carta d'identità
Titolo originale: Mare adentro
Titolo italiano: Mare dentro
Data di uscita (in Italia): Venezia 2004 - 04 Settembre 2004
Genere: Drammatico
Durata: 125'
Regia: Alejandro Amenábar
Cast: Javier Bardem, Belen Rueda, Lola Dueñas, Mabel Rivera
Da vedere: uno dei film più emozionanti che mente e cuore possano ricordare. Straordinario.

martedì 11 marzo 2008

Lampi di Genio (capitolo 5)


Puntata andata in onda il 02 Marzo 2008
- House (Hugh Laurie) “Accetterei il caso, ma non ho una squadra!” - Cuddy (Lisa Edelstein) “E allora assumila!” – House “La assumerei, ma non ho un caso!”
- House “Pensa che strano, una coppia con dei segreti!”
- House, riferendosi alla Cuddy, “A chi si può credere, ad un giocattolo classico o ad una donna che non si fida delle sue idee e cerca di distrarti con un reggiseno ad acqua?”
- House ad un paziente malato di cancro “Se vuole un po’ di compassione vada al reparto “qui crepano tutti di salute” "
- House, di spalle, sente la Cuddy che entra nel suo studio “Ho fatto tutto da solo, mammina” – Cuddy “Come sapevi che ero io?” – House “Ho sentito da lontano l’odore pungente di gatto selvatico”
- Cuddy “Liz è quasi morta!” – House “Allora io ho QUASI bisogno di una squadra”

Puntate andate in onda il 04 Marzo 2008
- House “Visto che avete tutti un numero, iniziamo pure in ordine alfabetico”
- House interrompe il discorso di una giovane candidata (in lizza per diventare sua collaboratrice) “Questa discussione annoia ogni maschio e lesbica presenti!”
- House a Wilson “Perché non rivolgi questa tua brillante creatività al fegato della mia paziente?”
- “Lei è ateo?” – House “Solo a Pasqua e a Natale, gli altri giorni non sono poi così importanti”
- House “Non ho mai suonato con Springsteen né dormito con la Pfeiffer. Vai avanti per anni senza sogni, ma senza un polmone…”
- House “Senza competizione saremmo ancora organismi unicellulari”
- House ad un paziente testardo “Napoleone e Gesù saranno i tuoi prossimi compagni di stanza, due che non hanno molto futuro”
- House ad una paziente “Uscire ed andare dove? Credi che ti spuntino le ali e inizi a volare con gli altri angeli? Non c’è un “dopo” c’è solo un “adesso” ”
- House “L’infelicità è meglio di niente”
- House “Non ho bisogno di andare a Detroit per sapere che puzza”

Puntata andate in onda il 09 Marzo 2008
- House “IDIOTA! Dal francese antico “Idiot”, che significa moro effeminato mentalmente deficiente”
- Candidato “Io non riesumo un cadavere senza autorizzazione” – House “Non vedetela come la riesumazione di un cadavere, ma come evitare un’altra sepoltura” – Candidato “Non posso farlo” – House “Stiamo per intraprendere un’altra discussione teologica in cui ti dico che il tuo Credo è ridicolo e che tu hai un crollo totale” – Candidato “Devo essere a casa per le sei” – House “Lo sciabat. Il Signore lavora sei giorni, poi dice al sindacato che deve riposarsi. Sai, se io fossi onnipotente mi prenderei minimo due giorni”.
- Cuddy “La sala medici è piena di fango” – House “Tredici e “bastarda tagliagole” hanno litigato, era finito il dessert…” – Cuddy “C’erano dei picconi. O hai fatto riesumare un cadavere o stai costruendo una ferrovia” – House “E’ solo un pezzettino di cervello, era uno spreco, lui non lo usa più”
- Wilson (Robert Sean Leonard) “Cos’è quest’improvvisa ossessione per l’aldilà?” – House “L’unica ossessione sono gli idioti dell’aldiqua che credono nell’aldilà”
- House “Torno in un baleno” – Wilson “Fa con calma”

mercoledì 5 marzo 2008

Questione di punti di vista


E’ come avere un bel disegno ma colorato male, oppure una cornice elegante senza dipinto o ancora un vaso originale ma privo di fiori.
Oggetti che possono soddisfare, se considerati nel loro valore assoluto, ma visti nel complesso (senza omettere, dunque, la loro funzionalità) perdono la qualità.
Ecco, “Prospettive di un delitto” (a proposito, un titolo decisamente affascinante) trasmette non poco questa incompiutezza. La linea è sinuosa e la si segue volentieri (azzarderei scrivere che coinvolge), sino a quando la virata finale spezza l’incantesimo.
L’intervallo non è solo linea di separazione cronologica, ma anche emotiva. L’idea, nel complesso, non era male, anzi. Vivere un evento terroristico (ancora?! L’11 Settembre aleggia nuovamente sulle pagine dei copioni. Il sospetto che la ferita non possa venire mai più rimarginata, è ormai certezza. Non bisognava rialzarsi e guardare avanti?) attraverso gli occhi di otto protagonisti. Ognuno impegnato nel proprio ruolo intimo di uomo. Certo riviviamo la stessa scena di panico per ben sei volte (a lungo andare, diventa quasi un sacrificio), ma questo permette di avvicinarci a piccoli passi alla verità. Ogni tassello diventa fondamentale per ricomporre il puzzle. Gli occhi di ciascun personaggio diventano i nostri. Lo spettatore ha però il vantaggio di poter considerare il quadro generale che si fa via via nitido e sconcertante. Il primo tempo scandaglia l’evento attraverso lo sguardo dei “Buoni”, il secondo invece ci presenta la controparte. Da questa, poi, si sfocia nell’atto conclusivo. Sarà proprio quest’ultimo ad enfatizzare i buoni propositi creati in precedenza. Si ha la sensazione di avere di fronte una goliardica scena caricaturale. Mi aspettavo che da un momento all’altro irrompesse in scena un Tom Cruise in piedi sulla sella di una moto a 180 chilometri orari o che so un Bruce Willis con escoriazioni a decorargli il viso e l’inseparabile canotta a costine. Non avrebbero certo sfigurato di fronte ad inseguimenti e sparatorie dell’altro mondo, dei quali siamo spettatori verso la fine della pellicola.
In breve, un uomo (è Thomas Barnes (Dennis Quaid), agente dei servizi segreti) si mette alla guida di una normalissima Opel, inseguendo un’auto della polizia. Raggiungono velocità esagerate in pieno centro abitato. Non solo è impegnato a sfiorare i 200 chilometri orari (per “gonfiare” con i numeri), nel contempo si mette a parlare al telefono, dettare ordini e addirittura farsi una manicure, controllare le borse e dedicarsi al bricolage! E’ palese che, in qualche precisazione, io stia un tantino esagerando, ma il senso è comunque chiaro. O ancora, un uomo dalla stazza di Forest Withaker (è un turista americano, venuto in Spagna per seguire un summit sulla guerra al terrorismo) incredibilmente agile e scattante, non solo dopo l’esplosione di due bombe si mette ad inseguire il presunto attentatore con telecamera alla mano, ma corre senza sosta macinando chilometri e non appagato si mette anche a fare l’eroe nel tentativo di salvare una bimba da morta certa. Superman davanti a questa scena ultima potrebbe soffrire di un principio di inferiorità.
Non c’è da aggiungere molto altro a questa pellicola che forse celava anche un messaggio più profondo, così profondo che io non l’ho trovato.
Trama
Otto protagonisti. Otto punti di vista. Un solo segreto. Chi c’è alla base di un attentato terroristico contro il Presidente degli Stati Uniti, venuto a Salamanca per un convegno? Vivere il dramma, la paura o la malvagia astuzia di attentatori senza scrupoli, per arrivare ad un’unica e sconvolgente verità.

Citazioni
- Segretario Generale, al Presidente degli Stati Uniti "Signore non può dare l'ordine, vi hanno appena sparato..."
- Suarez (Saïd Taghmaoui) "Il bello dell’arroganza americana è che loro non riescono a immaginare un mondo in cui non siano un passo avanti"
- Segretario Generale "Signor presidente, dobbiamo agire con forza" - Presidente Ashton (William Hurt) "No, noi dobbiamo essere forti"
- Kent Taylor (Matthew Fox) "Non la fermerete. Questa guerra non finirà mai"

Carta d'identità
Titolo originale: Vantage Point
Titolo italiano: Prospettive di un delitto
Data di uscita (in Italia): 29 Febbraio 2008
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 90'
Regia: Pete Travis
Cast: Forest Whitaker, Matthew Fox, Sigourney Weaver, Dennis Quaid, William Hurt, Zoe Saldana, Eduardo Noriega, Richard T. Jones, Edgar Ramirez, Penelope Kaufer, Ayelet Zurer
Da vedere: un ottimo cast per un film senza pretese. Buona l'idea, un po' meno la sostanza, comunque piacevole. Originale (sino ad un certo punto).

domenica 2 marzo 2008

Al di là di ogni logica


Laddove la paura non conosce limiti, la razionalità viene duramente compromessa, la sabbia che si lascia sotto le scarpe ha il colore del sangue e il buio di una stanza diviene rifugio ma mai certezza assoluta di salvezza. Dove il confine che separa l’onestà dalla corruzione si fa impercettibile e gli occhi di un uomo guardano attraverso la sola follia. Là, dove la vita cammina sull’orlo di un precipizio. E la morte è un treno da aspettare. Il silenzio si fa urlo sordo di angosce e gli spari squarciano l’aria come fari nel buio. Soltanto laggiù, in quel campo minato di terrore, non c’è spazio per chi si arrende al destino. Non è posto per vecchi.
La vita è aggrappata a quel vortice di inspiegabile natura. Come una moneta che gira su se stessa alla ricerca di un equilibrio che non troverà mai perché anche lei, come noi tutti, si arrenderà ad una forza più grande. Che si chiami gravità, sorte o pazzia, è pur sempre più forte e grande della nostra volontà. Dunque a che serve vivere? La partenza e il traguardo li conosciamo, ciò che ci rimane oscuro è il percorso impiegato per arrivarvi. Se non siamo capaci di scegliere, di essere burattinai del nostro destino, qualcuno ci sbarrerà la strada. Troppo tardi per tornare indietro, impossibilitati a proseguire. Non ci rimarrà che fermarci ed aspettare.
Immenso, splendido, dirompente. “Non è un paese per vecchi” è un coinvolgimento metafisico paragonabile a poche altre visioni. Ci si sente spalmati su quella poltrona in attesa di una fine che non sembra arrivare mai, ma con la netta sensazione di un imminente evento tragico. Si è consapevoli della drammaticità dei fatti, eppure non si leva mai lo sguardo. Neppure quando, morte e violenza, sono così concreti da sentirne l’odore. Ma non è fittizia brutalità, di quella “splatter” alla quale è facile sottrarsi. E’ molto di più. Il sangue non scorre per impressionare. Il sangue macchia la pelle, i vestiti, un cellophane adagiato sopra il letto di un Motel, riempie una vasca da bagno, schizza sui vetri di un automobilista estraneo perché DEVE esserci.
E poi quel silenzio. Irreale. Accompagnato da quello (tangibile) in sala. Non è insolito, di fatto, trovarsi a richiamare aria, dopo qualche secondo di apnea.
Assenza di rumori che spesso sono compagni di un buio voluto per forza. Non si distinguono i contorni, si fatica a cogliere i movimenti, si ha l’illusione di poter osservare senza essere visti. Binomio che accelera il battito cardiaco, rallenta il respiro, irrigidisce i muscoli.
Sono due le fattezze che caratterizzano questa pellicola. Due, come le facce di una moneta. Quella di Anton Chigurh (straordinario, splendido, perfetto Javier Bardem): occhi vitrei e sguardo glaciale. Nel suo silenzio immorale, riflesso di una coscienza senza pietà. Si muove con estrema accuratezza (e lentezza), apparentemente privo di emozioni, trasmette universalmente una personalità disturbata.
Dall’altra quella di Llewelyn Moss (Josh Brolin): un uomo abituato a vivere nella completa probità che si ritrova improvvisamente a dover fare i conti con una disumana crudeltà . Piegato da una violenza inaudita, cercherà di sfuggire ad una fatalità senza scrupoli di sorta, solo attraverso le proprie gambe e la sua forza inesperta. Un uomo coraggioso ed ingenuo, coinvolto in un gioco di cui non conosce le regole né la pericolosità effettiva.
Chi invece ne è al corrente, ha il volto scarno di Bell (Tommy Lee Jones), lo sceriffo della contea. Esperienza e vita vissuta, sono lì, impressi in quei solchi di memoria che noi chiamiamo rughe. Se ne stanno lì, a rivivere quel tempo che è scivolato via senza poterlo fermare, lasciando nient’altro che ricordi. Tanti ricordi, ma mai sufficienti a fare di lui un uomo pronto a tutto. A differenza del tempo che passa, non è permesso cedere il passo dinanzi alla prevaricazione.
Il bene e il male. Il chiaro e lo scuro. La verità e la menzogna. La ragione e la follia.
Come finirà questa battaglia dai contorni distorti?
Cosa si è vinto?
Tutto. Come tutto si può perdere, in un attimo.
Non è importante partecipare in questa vita, ma sopravvivere.

Trama
Llewelyn Moss (Josh Brolin), durante una battuta di caccia, incorre in uno scenario apocalittico: camioncini (carichi di droga) circondati da cadaveri di cane e uomini. A fianco di uno di questi, una valigetta. Al suo interno due milioni di dollari, apparentemente senza più un ricevente. Uomo onesto e di poche pretese, decide di impossessarsene per dare una svolta alla sua vita e a quella della moglie Carla (Kelly McDonald). Scelta compiuta con noncuranza ed ingenuità, ma che porterà ad una serie concatenata di eventi tragici e senza fine. Alla base di questi, un uomo (Anton Chigurh - Javier Bardem) sanguinario e spietato, disposto ad uccidere senza pietà pur di riavere quei soldi. Al limite della follia.

Citazioni
- Llewelyn Moss (Josh Brolin) “Se non torno, dì a mia madre che le voglio bene” – Carla (Kelly McDonald) “Tua madre è morta” – “Allora glielo dirò io”
- Anton Chigurh (Javier Bardem) “Non la mettere in tasca, si potrebbe mischiare con monete qualunque e di fatto, lo è”
- “Certe cose succedono, non si possono far tornare indietro”
- Loretta Bell (Tess Harper) “Sta attento” - Bell (Tommy Lee Jones) “Sto attento” – “Non farti male” – “Non mi farò male” – “Non fare del male a nessuno” – “Se me lo chiedi tu”
- Vicesceriffo Wendell (Garret Dillahunt) “E’ un bel casino” – Sceriffo Bell “Non lo so, ma come casino mi basta e avanza”
- “Quanto è pericoloso quell’uomo?” - Carson Wells (Woody Harrelson) “Rispetto a cosa? Alla peste bubbonica?”
- Llewelyn Moss “Come lo descriverebbe?” - Carson Wells “Direi che gli manca… il senso dell’umorismo”
- Anton Chigurh (Javier Bardem) “Se le regole ti hanno portato fino a qui, a cosa sono servite?” – Carson Wells “Sei pazzo?” – “Pazzo per la natura di questo discorso? – “Parlo della tua natura”
- Anton Chigurh "Qual è la scommessa più grossa che hai perso a testa o croce?" - "Bè devo sapere cosa posso vincere" - "Tutto. Scegli"
- Anton Chigurh “Non sto dicendo che dovrai salvarti… perché non succederà”
- “Soldi e droga, sempre loro… va al di là di ogni immaginazione”
- “Questo paese è duro per la gente. Non puoi fermare quello che sta arrivando. Non dipende tutto da te”
- Carla “Non hai motivo di farmi del male” - Anton Chigurh “No, ma ho dato la mia parola” – “Non sei obbligato a farlo” – “Dicono tutti la stessa cosa” – “Cosa?” – “Che non sono obbligato a farlo”

Carta d'identità
Titolo originale: No country for old men
Titolo italiano: Non é un paese per vecchi
Data di uscita (in Italia): Cannes 2007 - 22 Febbraio 2008 (cinema)
Genere: Avventura, Thriller
Durata: 122'
Regia: Ethan Coen, Joel Coen
Cast: Javier Bardem, Josh Blaylock, Rodger Boyce, Josh Brolin, Garret Dillahunt, Beth Grant, Woody Harrelson, Tommy Lee Jones, Josh Meyer, Kelly Macdonald, Barry Corbin
Da vedere: perchè assolutamente straordinario. Toglie il fiato. Dirompente.

Guestbook