domenica 20 aprile 2008

Top Six

Prendo parte anche io a questa schiera di “catenisti” (ovvero: coloro che partecipano alle catene da Blogger) e lo faccio con un briciolo di entusiasmo misto all’imbarazzo. Trasporto dettato dal fatto che, ancora una volta, mi abbiate coinvolta (Filippo, per la precisione. Grazie). Velato disagio semplicemente perché trovo difficile parlare di me di fronte a lettori dei quali non conosco volti e personalità, ma solo le emozioni. Spero solo di non risultare banale. Perché è l’ultima cosa che vorrei.

Innanzitutto, un breve ma chiaro regolamento:
- indicare il link del blog di chi vi ha coinvolti;
- inserire il regolamento del gioco sul blog;
- citare sei cose che vi piace fare;
- coinvolgere altre sei persone;
- comunicare l’invito sul loro blog.
Ora ci siamo.

Le sei cose che mi piace fare:
1) Guardare i temporali: soprattutto quelli estivi e notturni. Non tanto per lo scroscio in sé, quanto più per la preparazione, della natura, all’evento. I lampi ed il silenzio si impadroniscono di ogni cosa. Persino del mio sonno: mi fermo a guardare dal davanzale della finestra aspettando, come la natura, l’arrivo della pioggia,
2) Fare un bagno caldo: quello con tanta schiuma da ricoprire l’intera superficie e così bollente da scioglierci un arto. Sali, saponette e bagnoschiuma… qualunque cosa che sia profumato e abbia il potere, anche solo illusorio, di rilassare ed estraniare dal mondo. Per qualche minuto, almeno.
3) Leggere poesie di notte: vivere, in generale, la notte. Il suo silenzio, i suoi colori, i suoi contorni. I sogni che nascono di notte, hanno senso solo al buio. Sembra che, con l’arrivo del giorno, diventi tutto più banale e macchinoso. Dormire sembra, a volte, sottrarre un po’ di vita alla vita.
4) Vestirmi bene: camicie, golfini, jeans, scarpe. Vesto, generalmente, classico e di buona marca. Non mi sento una persona superficiale, semplicemente amo le belle cose.
5) Trasmettere: libri, film e soprattutto buonissima musica. Alle persone che ritengo così importanti (ma non necessariamente viceversa) e/o sensibili da dover ricevere, per forza, la parte più vera di me.
6) Essere innamorata: di un uomo, possibilmente. Non solo di quella canzone o interpretazione cinematografica. E, possibilmente, ricambiata. Ma anche no. Si partecipa alla vita con uno spirito diverso. Ci si sente diversi. Ogni angolo del corpo vive una sensazione nuova: dal voler apparire migliore agli occhi dell’altro, al sentirsi liberi di emozionarsi nell’intimo più profondo. Insomma, non ve lo devo spiegare io, come ci si sente bene ad essere innamorati.

“Milioni di persone soffrono: vogliono essere amate ma non sanno come amare. E l'amore non può esistere come monologo; è un dialogo, un dialogo pieno di armonia” -Osho-

Forse sì, forse no.

Sei nomi:
- Roberto
- Mario
- HoneyBoy
- Mario
- Laura
- Gian &Vale

Un abbraccio a tutti, anche a chi non ho menzionato, solo per questioni di nomina già effettuata o per mancanza di spazio, ma non per questo meno importanti.

Lampi di Genio (capitolo 6)


Puntata andata in onda il 30 Marzo 2008
House (Hugh Laurie) alla troupe che vuole filmarlo “Ah, senta vuole mettersi davanti a me e andare all’indietro e riprendermi dal basso? Così sembro più potente" – “Sì, certo” – “I miei occhi risaltano di più negli ambienti color pastello”
- Cuddy (Lisa Edelstein) “Pensi che a me piacciano le telecamere? Pensi che voglia farmi vedere da tutto il mondo mentre mi fissi il fondoschiena e critichi il mio guardaroba?” – House “Sarebbe meglio che ti fissassi il guardaroba e criticassi il sedere”
- Dottor. Kutner (Kal Penn) “Andremo in tv?” – House “Sto girando un video musicale… forza un po’ più veloci, più energia!”
- Amber (Anne Dudek) “Perché l’ha assunta?” – House “Perché ha molta più esperienza diagnostica delle altre modelle per costume da bagno che ho valutato”
- House “Se volevi le cose giuste, hai scelto il posto sbagliato, la professione sbagliata, la specie sbagliata”
- House “Avevi ragione sul fatto di avere torto, o torto sul fatto di aver ragione”
- “C’è una lesione nel lobo temporale sinistro circondato da edema anteriore” – House “E’ un insulto in latino maccheronico?”

Puntata andata in onda il 06 Aprile 2008
- House entra in sala operatoria, mentre un mago è sottoposto ad un intervento chirurgico “Signori, non ho niente nelle mani, niente nelle maniche. Ho qualcosa nei pantaloni, ma non serve per questo genere di numero”
- Cuddy si china per raccogliere qualcosa da terra, House osserva da dietro “Oh, mio Dio… non porti le mutande! Con una gonna così attillata non hai segreti! Ti posso dire se porti la spirale”
- Wilson (Robert Sean Leonard) “E’ ovvio che tu sia AB, il ricevente universale: tu prendi da tutti gli altri” – House “E’ ovvio che tu sia 0, il donatore universale: versi gli alimenti a tre donne”
- House “Ha dato fuoco ad una paziente, è questione di tempo ma riuscirà a radere al suolo l’ospedale”

lunedì 14 aprile 2008

Un’amicizia senza tempo


Kabul-1978. Terra calpestata. Due piccoli piedi, seguiti da altri due. Un paio di scarpe vecchie e consunte. Al seguito, calzature da ginnastica alla moda, nuove. Segno evidente di un’altrettanta palese differenza. La telecamera si alza verso due volti di bambino. Entrambi sorridono al cielo, abrogazione di ogni tipo di distanza. Ingenuità fanciullesca: si vive per vivere, non per sembrare.
California, ventidue anni dopo. Un telefono che squilla. L’intimità che “violiamo” è quella di Amir (Khalid Abballa): percepiamo che è quel bambino cresciuto con ai piedi la ricchezza. Ha una bella casa, una moglie, dei bei vestiti. Capiamo anche che ha realizzato un sogno: per le mani ha un libro, il suo libro. Dall’altro capo c’è una voce di un uomo vissuto, sentiamo che parla da un mondo distante, da una realtà priva di gioie, ma che fra i due esiste una certa intimità: assecondiamo l’apparente calma che ci viene trasmessa nei primi minuti, sicuri che in quella telefonata ci sarà una svolta.
Per chi non ha letto il libro - come me - questo film è un continuo inabissare in eventi tragici, a cui si è preparati semplicemente per “sentito dire”. Per chi lo ha letto ne ha solamente la conferma: abbandona la fantasia e lascia spazio alle immagini. Non so quale sia la posizione migliore: so solo che, nella sua drammaticità, questo film è un’esplosione di grida senza voce.
Da una parte la violenza: non solo fisica, psicologica ma anche, e soprattutto, oggettiva verso quel mondo (quello islamico) che arriva a noi quotidianamente, come volesse ogni giorno farsi largo fra le nostre abitudini. Una realtà che, attraverso i notiziari, ci sembra di conoscere a memoria ma che, nonostante ciò, ci stupisce ogni volta: la sentiamo “terra lontana”, spesso incomprensibile per idee, cultura, usanze. Immagini forti, quelle di un’esistenza che vorremmo appartenesse a una fantasia perversa, ci arrivano quasi inaspettate (la lapidazione, per esempio) e non hanno il sapore della denuncia, non con l’intento di accusare, ma con la volontà di renderle vere.
Dall’altra, una miscela di sensazioni, sospese fra la tenerezza di un’amicizia dai sapori ingenui e l’impotenza davanti a eventi dolorosi: la morte, le crudeltà, la discriminazione.
L’evento centrale è certamente la violenza subita da Hassan (un dolcissimo bambino: Ahmad Khan Mahmidzada), sotto gli occhi innocenti e impotenti dell’amico Amir (Zekeria Ebrahimi). Da questo momento Amir affronta la vita con il peso della colpevolezza, che nemmeno il tempo è capace di lenire. Anche noi spettatori siamo vittime di questo sopruso: qualunque altra sofferenza o gioia, ha con sé l’ombra mai stanca del senso di colpa.
“Il cacciatore di aquiloni” è una pellicola che, nella sua intensità, ci rende uomini: generosi di gesti semplici, inetti di fronte alle difficoltà e fragili davanti alle tentazioni.
Quello che è importante è non dimenticare che c’è sempre un modo per rimediare agli errori: saperli riconoscere ed accettare. Non per forza di cose, il passato è così lontano da non essere rivissuto. Siate uomini. Sempre.

Trama
Amir è figlio di un uomo benestante (Baba- Homayoun Ershadi), di etnia Pashtun. Hassan è invece figlio del servitore di casa, appartenente al popolo degli Hazara, giudicati una “razza inferiore”. Malgrado le (superficiali) differenze, i due, sono piccoli amici che condividono la passione per gli aquiloni. Un giorno, però, un grave evento drammatico (Hassan subisce una violenza, sotto gli occhi di Amir, incapace di reagire) separa definitivamente i due. Costretti a scappare dall’invasione sovietica, Amir e il padre trovano dimora in America, dove il giovane intraprende la carriera di scrittore. Ventidue anni dopo, Amir torna in Afghanistan, con l’intento di rimediare ad un passato che non ha mai dimenticato.

Citazioni
- "E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna"
- Rahim Khan (Shaun Toub) "I figli non sono album da colorare, da riempire con i tuoi colori preferiti"
- Rahim Khan "Esiste un modo per tornare a essere buoni, per rimediare al passato"
- Baba (Homayoun Ershadi) "Se Dio esiste, spero che abbia cose più importanti da fare che spiare se bevo alcolici o mangio carne di maiale"
- Baba "Un bambino che non sa difendere sé stesso, diventa un uomo che non sa difendere niente"
- Amir (Khalid Abballa) "Non è vero come dicono molti che si può seppellire il passato, il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente"
- "In ogni vita ci sono amicizie che non possiamo tradire"
- Hassan (Ahmad Khan Mahmidzada) "Spero che un giorno nel nostro paese torni la pace e si possa tornare a sentire nelle strade il profumo del tè"
- Baba "Forse non è giusto, ma ciò che succede in pochi giorni, a volte in un solo giorno, può cambiare un'intera vita"
- Hassan "Spero che un giorno ci saranno ancora gli aquiloni che volano nel cielo"
- Amir "Chi siamo noi in questo mondo complicato?"
- "Il tempo peggiora solo le cose"
- "La guerra non cancella il rispetto"
- I novelli sposi, Soraya (Atossa Leoni) e Amir si guardano allo specchio, Soraya "Che cosa vedi?" - Amir "Il resto della mia vita"
- Rahim Khan "Vedo che l'America ti ha inculcato il suo ottimismo"
- "Tu sei uno scrittore, una parte di te conosce questa storia"

Carta d'identità
Titolo originale: The Kite Runner
Titolo italiano:
Data di uscita (in Italia): Il cacciatore di aquiloni
Genere: Drammatico
Durata: 131'
Regia: Marc Forster
Cast: Khalid Abdalla, Homayoun Ershadi, Shaun Toub, Atossa Leoni, Saïd Taghmaoui, Zekiria Ebrahibi
Da vedere: perché di straordinaria intensità. Toccante.

martedì 8 aprile 2008

Fra risate e fallimenti


All’uscita dal cinema, una forte pioggia ha sorpreso tutti. Entrando in sala, spesso, ci sentiamo autorizzati a liberarci delle responsabilità di abitanti del mondo, anche solo per qualche ora. Una volta abbandonate le calde poltroncine rosse, come fosse una sensazione normale, riacquistiamo il senso della realtà oggettiva: le auto ostruiscono le vie asfaltate (e respiratorie), nella mia borsa non riesco mai a trovare ciò che cerco e la pioggia esiste, e bagna pure.
Il risultato è stato un impedibile e sensazionale pigiamento di corpi umani nel metro quadrato di tetto disponibile. Non avendo scampo (ormai chiuse le porte del cinema e terminati i posti in “tribuna vip”) mi sono buttata sotto la pioggia. Non mi sono lasciata intimorire, piuttosto trasportare.
Scrivo questo perché, in analogia con la sottoscritta sotto al diluvio, così va affrontato (e di conseguenza gustato) “Tutta la vita davanti”. Dimenticate la prudenza, ma non la passione. Alcune situazioni faranno certamente riflettere, ma non vi vergognate di sorriderci sopra.
Il nuovo lavoro di Paolo Virzì è un ritratto coraggioso e maturo dell’Italia odierna: quella dal volto precario e spaurito dei giovani (nel quale mi ci inserisco facilmente anche io, volente o nolente) e, dall’altra, gli adulti spaesati e oramai impotenti. Il tutto raccontato dalla voce placida di Laura Morante e dagli occhi sinceri di Marta (Isabella Ragonese). Un personaggio intimo e cordiale, quello della quasi esordiente Ragonese, nel quale è molto facile ritrovarvisi: neolaureata in filosofia, sguardo dolce, personalità debole, una giovane donna sopraffatta dall’ovvietà del presente e schiava della sua stessa paura di mettersi in gioco. Frenata da chissà quale forza. Intrappolata nelle regole meschine della vita: non sopravvive chi ha forza e talento, ma chi ha spalle abbastanza grandi da poter portare nomi e raccomandazioni.
E’ un buon film non soltanto per la forma che possiede, ma anche per i colori che in essa si fondono: ovvero non unicamente per le argomentazioni spavalde ma anche per come vengono raccontate. Si affronta la drammaticità dei fatti con un briciolo di autoironia, che a mio avviso è la prerogativa umana principale per affrontare le avversità. O comunque le situazioni qualunque.
Sorridiamo di fronte al mondo lavorativo ignorante e corrotto, agli amori spenti e unidirezionali, troviamo addirittura divertente la follia, ingrediente aggiunto in abbondanza, quasi sulla soglia del satirico, tuttavia non assurdo.
Un film capace di far ridere (e ironicamente piangere), riflettere (nella leggerezza che merita) e sperare (portando appresso le quotidiane illusioni).
Un cast promosso a pieni voti (oltre alla già menzionata Marta): dal sindacalista Giorgio (uno sbadato, infedele e combattivo Valerio Mastandrea), alla dittatrice Daniela (una ricca e sola Sabrina Ferilli), al numero uno (almeno secondo lui) Elio Germano (è Lucio, un collega di Marta), alla volitiva e (ehm) sensuale Sonia (Micaela Ramazzotti - recita o è così per davvero?) sino ad arrivare al capo supremo Claudio (Massimo Ghini), combattuto fra l’essere ed il sembrare, fra aerosol e lampade.
Bagnata e raffreddata, dunque, ma felice di quello scroscio. Inquieta e, forse, demotivata dalla società attuale, ma propensa ad affrontare ogni temporale che verrà a me incontro. Andatelo a vedere. A costo di trovarvi sotto ad un acquazzone. In ogni caso, ci sarà sempre una canzone da ballare ed un "Buongiorno" da augurare.

Trama
Marta (Isabella Ragonese), una volta conseguita la laurea (filosofia) è alla disperata ricerca di un lavoro che, nonostante il 110 e lode, sembra voltargli le spalle. In preda alla disperazione incontra Sonia (Micaela Ramazzotti), una ragazza madre che le affida la figlioletta e le apre le porte verso un possibile impiego presso il call center della “Multiple”. Sotto la guida spietata della responsabile (Sabrina Ferilli), quest’azienda di (inutili) robot da cucina, acquista un’enorme successo. Se non fosse per l’improvvisa entrata in scena di Giorgio Conforti (Valerio Mastandrea), un sindacalista disordinato e precipitoso ma comunque determinato a far luce sulla precaria situazione lavorativa.

Citazioni
- Daniela (Sabrina Ferilli) "Le personalità perdenti sono dannose per se stesse ma soprattutto per gli altri"
- Giorgio Conforti (Valerio Mastandrea) "Scusi per prima eh... io passo una vita a chiedere scusa"
- Claudio (Massimo Ghini) "Quoque tu Brutus filius mius"

Carta d'identità
Titolo italiano: Tutta la vita davanti
Data di uscita (in Italia): 28 Marzo 2008
Genere: Commedia
Durata: 117'
Regia: Paolo Virzì
Cast: Sabrina Ferilli, Isabella Ragonese, Elio Germano, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Claudio Fragasso, Elena Arvigo
Da vedere: per imparare a sorridere anche davanti alle avversità. Attuale.

Guestbook