lunedì 14 aprile 2008

Un’amicizia senza tempo


Kabul-1978. Terra calpestata. Due piccoli piedi, seguiti da altri due. Un paio di scarpe vecchie e consunte. Al seguito, calzature da ginnastica alla moda, nuove. Segno evidente di un’altrettanta palese differenza. La telecamera si alza verso due volti di bambino. Entrambi sorridono al cielo, abrogazione di ogni tipo di distanza. Ingenuità fanciullesca: si vive per vivere, non per sembrare.
California, ventidue anni dopo. Un telefono che squilla. L’intimità che “violiamo” è quella di Amir (Khalid Abballa): percepiamo che è quel bambino cresciuto con ai piedi la ricchezza. Ha una bella casa, una moglie, dei bei vestiti. Capiamo anche che ha realizzato un sogno: per le mani ha un libro, il suo libro. Dall’altro capo c’è una voce di un uomo vissuto, sentiamo che parla da un mondo distante, da una realtà priva di gioie, ma che fra i due esiste una certa intimità: assecondiamo l’apparente calma che ci viene trasmessa nei primi minuti, sicuri che in quella telefonata ci sarà una svolta.
Per chi non ha letto il libro - come me - questo film è un continuo inabissare in eventi tragici, a cui si è preparati semplicemente per “sentito dire”. Per chi lo ha letto ne ha solamente la conferma: abbandona la fantasia e lascia spazio alle immagini. Non so quale sia la posizione migliore: so solo che, nella sua drammaticità, questo film è un’esplosione di grida senza voce.
Da una parte la violenza: non solo fisica, psicologica ma anche, e soprattutto, oggettiva verso quel mondo (quello islamico) che arriva a noi quotidianamente, come volesse ogni giorno farsi largo fra le nostre abitudini. Una realtà che, attraverso i notiziari, ci sembra di conoscere a memoria ma che, nonostante ciò, ci stupisce ogni volta: la sentiamo “terra lontana”, spesso incomprensibile per idee, cultura, usanze. Immagini forti, quelle di un’esistenza che vorremmo appartenesse a una fantasia perversa, ci arrivano quasi inaspettate (la lapidazione, per esempio) e non hanno il sapore della denuncia, non con l’intento di accusare, ma con la volontà di renderle vere.
Dall’altra, una miscela di sensazioni, sospese fra la tenerezza di un’amicizia dai sapori ingenui e l’impotenza davanti a eventi dolorosi: la morte, le crudeltà, la discriminazione.
L’evento centrale è certamente la violenza subita da Hassan (un dolcissimo bambino: Ahmad Khan Mahmidzada), sotto gli occhi innocenti e impotenti dell’amico Amir (Zekeria Ebrahimi). Da questo momento Amir affronta la vita con il peso della colpevolezza, che nemmeno il tempo è capace di lenire. Anche noi spettatori siamo vittime di questo sopruso: qualunque altra sofferenza o gioia, ha con sé l’ombra mai stanca del senso di colpa.
“Il cacciatore di aquiloni” è una pellicola che, nella sua intensità, ci rende uomini: generosi di gesti semplici, inetti di fronte alle difficoltà e fragili davanti alle tentazioni.
Quello che è importante è non dimenticare che c’è sempre un modo per rimediare agli errori: saperli riconoscere ed accettare. Non per forza di cose, il passato è così lontano da non essere rivissuto. Siate uomini. Sempre.

Trama
Amir è figlio di un uomo benestante (Baba- Homayoun Ershadi), di etnia Pashtun. Hassan è invece figlio del servitore di casa, appartenente al popolo degli Hazara, giudicati una “razza inferiore”. Malgrado le (superficiali) differenze, i due, sono piccoli amici che condividono la passione per gli aquiloni. Un giorno, però, un grave evento drammatico (Hassan subisce una violenza, sotto gli occhi di Amir, incapace di reagire) separa definitivamente i due. Costretti a scappare dall’invasione sovietica, Amir e il padre trovano dimora in America, dove il giovane intraprende la carriera di scrittore. Ventidue anni dopo, Amir torna in Afghanistan, con l’intento di rimediare ad un passato che non ha mai dimenticato.

Citazioni
- "E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna"
- Rahim Khan (Shaun Toub) "I figli non sono album da colorare, da riempire con i tuoi colori preferiti"
- Rahim Khan "Esiste un modo per tornare a essere buoni, per rimediare al passato"
- Baba (Homayoun Ershadi) "Se Dio esiste, spero che abbia cose più importanti da fare che spiare se bevo alcolici o mangio carne di maiale"
- Baba "Un bambino che non sa difendere sé stesso, diventa un uomo che non sa difendere niente"
- Amir (Khalid Abballa) "Non è vero come dicono molti che si può seppellire il passato, il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente"
- "In ogni vita ci sono amicizie che non possiamo tradire"
- Hassan (Ahmad Khan Mahmidzada) "Spero che un giorno nel nostro paese torni la pace e si possa tornare a sentire nelle strade il profumo del tè"
- Baba "Forse non è giusto, ma ciò che succede in pochi giorni, a volte in un solo giorno, può cambiare un'intera vita"
- Hassan "Spero che un giorno ci saranno ancora gli aquiloni che volano nel cielo"
- Amir "Chi siamo noi in questo mondo complicato?"
- "Il tempo peggiora solo le cose"
- "La guerra non cancella il rispetto"
- I novelli sposi, Soraya (Atossa Leoni) e Amir si guardano allo specchio, Soraya "Che cosa vedi?" - Amir "Il resto della mia vita"
- Rahim Khan "Vedo che l'America ti ha inculcato il suo ottimismo"
- "Tu sei uno scrittore, una parte di te conosce questa storia"

Carta d'identità
Titolo originale: The Kite Runner
Titolo italiano:
Data di uscita (in Italia): Il cacciatore di aquiloni
Genere: Drammatico
Durata: 131'
Regia: Marc Forster
Cast: Khalid Abdalla, Homayoun Ershadi, Shaun Toub, Atossa Leoni, Saïd Taghmaoui, Zekiria Ebrahibi
Da vedere: perché di straordinaria intensità. Toccante.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

chiara, non mi trovo per nulla d'accordo. un filmetto pretenzioso, amio parere, che si salva solo nelle bellissime scene delle lotte tra gli aquiloni.

Chiara ha detto...

Le lotte tra gli aquiloni hanno qualcosa di magico... rappresentano la libertà e la possibilità di sognare... a mio avviso, questo film va vissuto: anche solo per mettersi un paio d'ali. Un abbraccio, Mario.

FiliÞþØ ha detto...

Il film non l'ho visto.
Cmq sei stata nominata sul mio blog!;)

Chiara ha detto...

Grande Filì! Ho risposto... spero adeguatamente...

cinemaleo ha detto...

M.Forster ha avuto coraggio a realizzare un film tratto dal libro che è stato il fenomeno letterario degli ultimi anni, idolatrato da milioni di persone. Impresa ardua, riuscita -a mio parere-solo in parte. Un grande spettacolo, bello visivamente ma... emozioni poche (e qui il libro è stato tradito).

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