martedì 5 febbraio 2008

Attraversando il confine...


… tornare indietro non si può. E’ il limite del nostro vivere. Quotidianamente facciamo fronte a scelte e quando queste sono troppo importanti o difficili (molto spesso, l’una la conseguenza dell’altra), ci sembra che decidere non sia comunque sufficiente: una volta intrapresa una strada, ci guardiamo indietro rendendoci conto che ci siamo incamminati verso quella sbagliata. Fa parte della natura, scegliere senza esserne mai veramente convinti. E’ insito nell’uomo vivere di rimorsi. Se avessimo una vita parallela, o una seconda chance, sarebbe tutto molto più semplice.
Ma probabilmente non sarebbe così eccitante, vivere.
“Delitto e castigo”. Se Dostoevskij me lo consente, attribuisco questo binomio inscindibile all’ultima fatica dell’intramontabile Allen. Dove “scegliere” diviene non solo vivere, ma anche morire.
Pellicola che, francamente, non aggiunge e nulla toglie alla lunga e sorprendente carriera dell'autore newyorkese. Un po’ fiacca, per la verità. L’impressione è che qualcosa effettivamente manca: è come avere un’insalata dall’aspetto gustosissimo, ma quando l’assaggiamo ci rendiamo immediatamente conto che un condimento non è stato aggiunto. O se c’è, non nella corretta dose.
Forse lo “chef” ci ha viziati così tanto (e così a lungo) che ci sentiamo appagati solo di fronte a nuove prelibatezze. “Match Point” (che nel 2005 aveva aperto questa trilogia londinese, incentrata sui delitti apparentemente senza macchia e punizioni ineluttabili) è stato perfetto. Un thriller elegante e “nuovo”, che dopo quarant’anni di leggendarie commedie arriva a sorprendere e coinvolgere qualunque spettatore. L’anno successivo è la volta di “Scoop” che, pur sempre mantenendo il filo conduttore della logica “noir”, sembra abbandonare stile e freschezza.
L’ultimo capitolo conferma che il ghiaccio, in superficie, si è fatto troppo sottile e rischia di incrinarsi. In superficie, perché i livelli sottostanti sono comunque solidi.
Che sia frutto della mente geniale e contorta di Woody Allen se ne hanno i sentori sin dai primi minuti. E’ questo che mi seduce: la capacità di mettersi in gioco ogni volta, ma pur sempre conservando stile e grazia. L’ironia, ecco forse è lei a non venir celebrata a dovere. Ma per rendere possibile questo manca anzitutto il Woody Allen interprete. Quell’aria beffarda e sagace, nascosta dietro alle grandi lenti, manca in ogni dove. Inoltre, la pellicola è difettosa di femminilità. Quella di Scarlett Johansson, nello specifico. Hayley Atwell non mi ha trasmesso granché. Mi è parsa impassibile e poco chiara. Un vero peccato, considerato con quanta minuziosità il regista ricerca la parte femminile. La sensualità della Johansson non lascia scampo. Quando c’è incanta, quando è assente se ne percepisce la mancanza.
A tal proposito: i due protagonisti, Ian (Ewan McGregor) e Terry (Colin Farrell), sono anche il punto cardine del film. La stabilità che manca nell’intorno, trova fissa dimora nei due avventati fratelli. I “Caino e Abele” postmoderni.
Splendido Farrell. Abituati a vederlo armeggiare e picchiare duro, trovarlo impacciato e nei guai ci è utile per rafforzare l’idea del personaggio. Non ci resta che impietosirci dinanzi a quell’espressione di “cane bastonato” a fronte corrugata che regge per tutto il perdurare del film.
McGregor - che si mostra certamente meno fragile e più “spaccone”, se non altro all’apparenza – ha un ruolo decisamente differente. Delle sue debolezze ne fa virtù, e dai suoi errori ne trae vantaggio anche quando non vi sono possibilità.
Entrambi inseguono sogni alla ricerca della vita perfetta e, attraverso di essi, finiranno per passarsi la palla della coscienza. In un gioco spesso lento e poco coinvolgente, ma pur sempre affascinante.
Sembra che ad Allen la situazione gli sia leggermente sfuggita di mano. Il nocciolo della questione sembra essere andato di traverso, con il susseguirsi degli ultimi film. Ma al Grande Maestro si offre sempre un’altra possibilità. Lui, che di arrendersi al tempo, non ne ha proprio intenzione.
Resta chiaro che il nemico più forte resta sempre quello che non si vince. Allen trionfa su tutti, il solo a poterlo battere sembra essere sé stesso.
Trama
Ian (Ewan McGregor) e Terry (Colin Farrell), sono due fratelli di famiglia operaia. Il primo aiuta il padre nel ristorante di famiglia, il secondo è meccanico in un officina. Entrambi coltivano il sogno di emergere da una vita ordinaria. Ian aspira ad aprire una catena di alberghi in California, Terry invece desidera saldare i debiti di gioco, smettere con whisky e pastiglie e gestire un negozio di articoli sportivi. Quando il ricco zio, torna a Londra da un viaggio in Cina, i due fratelli si accordano per chiedergli un prestito. Saranno disposti a tutto per questa scalata sociale. Anche uccidere.

Citazioni
- "Ho esaminato la situazione e l'unica soluzione possibile è eliminarlo"
- "Non li faccio certi sogni, che li faccio a fare?"

Carta d'identità
Titolo originale: Cassandra's Dream
Titolo italiano: Sogni e delitti
Data di uscita (in Italia): Venezia 2007 (Fuori concorso) - 01 Febbraio 2008
Genere: Drammatico, Crimine
Durata: 108'
Regia: Woody Allen
Cast: Ewan McGregor, Colin Farrell, Hayley Atwell, Tom Wilkinson, Sally Hawkins, Tamzin Outhwaite, Mark Umbers, Phil Davis, John Benfield
Da vedere: perchè Woody Allen è sempre interessante, anche se in questo caso risulta, per la maggior parte, un'opera incompleta. Tentennante.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Come sempre complimenti per la recensione.
Io trovo il film da sviscerare con calma , come un buon bicchiere di vino rosso và gustato lentamente, forse sipensandoci ( come i protagonisti) .
Già il titolo originale è una piccola perla "cassandra's dreams " cioè i sogni di Cassandra la dea mitologica che Omero descrive come quella che aveva il dono della preveggenza e solitamente prevedeva disgrazie e per cioò poco simpatica agli altri dei ed agli umani.
Non si può dire che questo particolare non faccia parte del film .
La barca è il secondo piccolo particolare che si vede nella prima scena e che compare anche nell'ultima come simbolo del cambiamento .
Nella prima come simbolo di un sogno e nell'ultima come simbolo sempre dello stesso sogno , ma questa volta irrimedibilmente infranto dall'aver oltrepassato quel confine che separa il bene dal male e che soltanto il meno dotato intellettualmente dei fratelli sà prevedere in anticipo come una moderna Cassandra si sè stesso .
Certo il film è un po' tronco ma non per questo meno significativo ed esplicativo dei nostri tempi .
Non ho visto gli altri film che citi ma mi fido del tuo giudizio .
Continua così.

M.S. ha detto...

mc gregor è più spaccone, non solo all'apparenza, ma è anche cinico e senza scrupoli. certo, poi il destino beffardo...
vero che il film è tentennante, ma solo se confrontato con la filmografia dello stesso regista, che ci ha abituato bene. in linea generale a me è piaciuto.

Anonimo ha detto...

@ Chiara: Noto che questo film finora ha finito per lasciarci (quasi) tutti con un po' d'amaro in bocca. Purtroppo i difetti sovrastano nettamente i pregi, facendolo archiviare come un Allen decisamente minore. Riguardo alla Johansson (che, a scanso di equivoci, adoro) credo che gran parte del merito della sua sensualità in "Match point" vada ad Allen e al direttore della fotografia. La medesima, negli improbabili panni di dark lady in "Dalia nera" o nel bel film della Coppola, è moooolto meno intrigante.

@ Mario: Naturalmente de gustibus ma, a mio parere, il film è tentennante indipendentemente dal confrontarlo con l'eccellente filmografia di Allen.

Anonimo ha detto...

Mamma che film, visto ieri sera, ancora ci penso...
io sto con Ian!!!
(o meglio, questro è quello che voglio credere, perché molto probabilmente avrei reagito come Terry!
Ma quant'è tanto Colin Farrell??

Chiara ha detto...

- GUPL: anzitutto, grazie per la ricchezza di contenuti (e per l'energia che mi trasmetti).
I film di Allen fanno sempre riflettere e restano vivi anche nei giorni successivi alla visione. Quest'ultimo, però, continua a farmi pensare dove è incompleto, più che alla componente filosofica/psicologica. Carino, ma mai all'altezza dell'Allen che adoro.
- MISTER, MIO MAESTRO INTERNAUTICO E PAZIENTE: mi trovi d'accordissimo su ogni tua parola. Anche sulla questione Johansson (anche lei, una mia "lontana" parente ;) - ho una famiglia numerosa ed internazionale - infatti mi somiglia... ... ...)... ... ... ... ehm dicevo, che è pur sempre bellissima, anche al supermercato intenta a fare la spesa (semmai dovesse fare anche quella...).
- TRIN: a proposito di bellezza... trovi Farrell un "belloccio"?! Mmm, io lo ritengo davvero bravo, ma il sorriso (le gambe, le spalle... etc) di Ewan Gordon McGregor mi emoziona decisamente di più! Sarà che mi riporta alla mente, il Niagara versato alla fine del "mio" "Big Fish"...

Deneil ha detto...

recensione scritta come al solito con il cuore anche se a me la pellicola non ha convinto.certo anch'io riconosco a farrell lo sforzo ma come dici anche tu lascia l'amaro in bocca.e non poco.poi quel finale buttato li..mmm.per me film insufficiente.ah già:la presenza femminile è ridicola e io che odio la johansonn l'ho rimpianta...questo dice tutto....

Anonimo ha detto...

No, direi xò che farrell mi pare decisamente + maschio...
Ciao!
Trin

Chiara ha detto...

- DEN: odi la Johansson e come mai?! Noto che la pellicola è risultata "amara" un po' a tutti. Mah... per chi conosce bene Woody Allen, poteva prevedere un finale del genere. No?!
- TRIN: mah! Io stavo giusto facendo "scorta" per l'inverno, in giro per il web... e... sono "inciampata" più e più volte sul sorriso di Ewan. Sai che mi piace proprio tanto?! Con gli anni, anzi, migliora...

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