venerdì 29 giugno 2007

Into The Wild - Un film di Sean Penn

La pellicola si ispira ad una storia vera, dal romanzo di Jon Krakauer "Into the Wild". Racconta di Christopher McCandless, un giovane idealista che intraprende un viaggio nella natura selvaggia dell'Alaska, abbandonando la realtà di tutti i giorni.
A guardare questo trailer, sembra davvero molto interessante.
Ma Sean Penn ha un talento del tutto naturale, non può che venirne un Gran film!
Si parla di un'anteprima a Venezia, qualcuno ne è al corrente?
Non per altro ma, probabilmente, quest'anno ci sarò e sapere che il mio attore preferito vi parteciperà (anche se in veste da regista)... mi riempirebbe di gioia e curiosità.
Grandioso Sean!

mercoledì 27 giugno 2007

La speranza di uno… su tanti

Ci sono istanti, nei quali si smette di fingere e si torna ad essere uomini. Momenti nei quali il lavoro, gli amici, la famiglia finiscono per scivolare via, in un mondo lontano che non ti appartiene più.
La nuova dimensione, che ruota attorno alla quotidianità, è fatta di sorrisi sconosciuti, dall’odore del caffè appena svegli, dalla bellezza del mare, di tutto ciò che prima rappresentava l’ombra della normalità ed ora diviene speranza.
Già speranza… otto lettere, che rappresentano pace nel mondo, felicità di una vita, luce nei giorni bui. Poiché quando la vita cambia improvvisamente rotta, virando verso una meta che non avevi scelto, le certezze più assolute crollano improvvisamente e non si ha altra scelta che piegarsi all’ovvietà del dolore, della sofferenza, dell’oblio.
Non sono sull’orlo di una crisi di nervi, nemmeno soffro di una depressione fulminante, sono solo pensieri nati in modo spontaneo, in questa sera di inizio estate.
Ho “conosciuto” il significato di “Uno su due”: è una probabilità, quella della salvezza. Salvarsi da una malattia così terribile, che riesce persino a sconvolgere un’umanità in grado di trapiantare visi nuovi, cuore e cornee per ridare vita a chi se l’è vista portare via.
Il cancro è quel “buco nero” dal quale non vorremmo affacciarci mai. Né noi, né chi ci sta vicino.
Uno su due”, mi ha anche restituito quel desiderio di piangere senza vergogna. Le lacrime che scendono sono la risposta naturale all’incontro, forse l’ultimo, fra un padre ed una figlia. Divisi da coscienze, riuniti dal dolore della malattia. Ingiusta la vita.
Può portarti via, qualsiasi emozione ti appartenga. E senza nemmeno chiedertelo.
Questo film, diretto splendidamente da Eugenio Cappuccio, mi ha permesso di conoscere il talento di un giovane panettiere della periferia bergamasca, diventato un 35enne pieno di vita e d’intelligenza. Un ruolo di marito con “spermatozoi piccoli e rincoglioniti” (in “Manuale d’amore 2 – Capitoli Successivi”) mi aveva aiutato a considerarlo al di fuori delle vesti di presentatore goliardico ma mai lo avrei attribuito a ruoli così pregevoli.
Uno su Due”, è un film semplice, senza troppi intrecci inutili, fatto di parole e sguardi sinceri, di silenzi nei quali lo stesso spettatore trattiene il fiato, di dolci sentimenti (quanta tenerezza nel vicino di letto Giovanni, il camionista. Ho avuto un irrefrenabile desiderio di abbracciarlo, ad un certo punto. Così indifeso dalla solitudine e dall’infermità).
Questa pellicola non aveva alcuna pretesa di diventare grande, ma è proprio nella sua semplicità (nonostante affronti un argomento molto delicato) che si fa voler bene. Un gran bene, a dire il vero.
Genova viene rappresentata attraverso gli “sguardi” fuggevoli di una telecamera, ma così belli da imprimere un desiderio amorevole di rivederla ancora una volta.
Trama
Lorenzo (Fabio Volo) è un avvocato genovese; ha una bella casa, una compagna (a volte sì, altre meno), i soci in affari, gli amici, la passione per le donne. Conduce una vita, apparentemente felice e normale. Un giorno, però, questa quotidianità si sgretola. Dopo un anomalo svenimento, viene portato all'ospedale, dove verrà sottoposto ad esami di accertamento. Quando riprende coscienza, intuisce che non ha subito un incidente ma il cerotto alla nuca rappresenta qualcosa di più terribile.
La pellicola racconta le paure e le fragilità che Lorenzo vive nei giorni che precedono il responso finale delle analisi.
Quando il sottile filo che unisce alla vita sembra sul punto di spezzarsi, anche la più banale sensazione appare come qualcosa di meraviglioso.
Dobbiamo provare questa paura, prima di accorgerci di quanto è prezioso "camminare" lungo questa "strada"?

Citazioni
- Lorenzo (Fabio Volo) alla compagna "Dì a tutti che ho un po'di febbre, non si deve sapere niente di come sto" - "Che c'è da vergognarsi?" - Lorenzo "Da vergognarsi niente, da perderci tutto"
- Lorenzo, rivolgendosi alla sorella, venuta a trovarlo all'ospedale "Come ti sei vestita?" - sorella "Sto male?" - Lorenzo "Come metalmeccanico vai anche bene!"
- Lorenzo, visibilmente spaventato, chiede all'istruttore di parapendio: "Oh, ma è tutto vero qui? E' tutta plastica... sembra lo zaino delle medie!"
- "Ti accorgi che un secondo può valere un mese, ed un giorno può valere un anno"

Carta d'identità
Titolo originale: Uno su due
Data di uscita (in Italia): 02 Marzo 2007
Genere: Drammatico
Durata: 100'
Regia: Eugenio Cappuccio
Da vedere: perché troppo spesso ci dimentichiamo di quanto vivere sia speciale. Nella frenesia ci si scorda che il tempo, ogni tanto, si può fermare. Ed in questo frangente possiamo ascoltare la voce di noi stessi, che abbiamo scordato chi siamo e cosa desideriamo. Speciale.

lunedì 25 giugno 2007

Le ragnatele della follia

Stazione di Londra. Gli arrivi e le partenze dei treni annoiati ci mostrano viaggiatori distratti, immersi nella loro quotidianità, nei loro discorsi concitati, nel loro passo affrettato. Invisibili poiché comuni.
Fra questi, c’è un uomo. Lo distinguiamo dalla normalità non solo perché la telecamera ci costringe a farlo, ma anche perché… è solo. Triste e preoccupato. Sembra spaesato da tanto rumore e felicità. Lo notiamo perché è straordinariamente “lento”.
Pausa.
Ora c’è il sole. E ci troviamo di nuovo davanti ad un primo piano dell’uomo. La luce ci rivela che è sporco, biascica parole incomprensibili e, nonostante si trovi in una via deserta, continua ad avere paura.
Lo “strano” individuo, dopo aver consultato un foglio, bussa ad una porta. Quando essa si apre, scopriamo che chi abbiamo seguito sin d’ora ha un nome: Davis (Ralph Fiennes).
Questa vecchia e putrida pensione che ci ha aperto le porte sarà la nuova casa di Davis, ora. Dovremo abituarci.
Dallo scorrere delle immagini, inoltre, riusciamo a conoscerlo meglio. Percepiamo, per esempio, che nonostante abbia un coinquilino piuttosto loquace, continui a preferire gli sguardi. Eppure ci bastano. Capiamo che ama la solitudine, raccogliere oggetti da terra e che le sigarette sembrano l’unico oggetto ad avvicinarlo al “collettivo”.
Davis, inoltre, indossa un cappotto marrone sotto al quale porta quattro camicie, ha pantaloni che vorrebbero essere lunghi ma raggiungono solo le caviglie ed ai piedi calza delle scarpe nere, piuttosto lise. Da questi indumenti sembra non voglia separarsi mai. Nemmeno a dormire. Come se le novità lo terrorizzassero.
Il nostro eremita, sin dal primo fotogramma, aveva con sé una valigia. Di quelle grandi e rettangolari. Anche da quella sembra non volersi dividere, per alcuna ragione. Al suo interno, oltre a cianfrusaglie varie (probabilmente tutte di origine “abbandonate a terra”) c’è un agenda. Piccola e disordinata. Da distratti primi piani sappiamo anche che qualcosa vi è scritto. Ma la calligrafia è indecifrabile.
Sarà proprio da queste illeggibili righe che il film prende vita, forma e colore. Perché è grazie ad una penna ed alla fantasia di una mente contorta che nascerà il ricordo.
Perché Davis ha anche un passato. E, questo, è racchiuso nella sua memoria che i paesaggi, gli odori e le malinconie di quella parte di Londra, rievocheranno.
Non sarà facile, per lui, rivivere la sua infanzia, e non sarà semplice nemmeno per noi comprendere che, dietro a quell’oscura paura, le ombre della sofferenza non si sono mai dissipate.
E ci ritroveremo ad amare così tanto le sue fragilità, da accettare qualsiasi finale. Anche uno così sorprendente.
O almeno, così mi sono sentita io.
Straordinario all’ennesima potenza, Ralph Fiennes. Un interprete che ho conosciuto in questa pellicola. E che da questa lo voglio apprezzare così tanto. Una capacità comunicativa senza precedenti. Così perfetta da commuovere.
David Cronenberg meriterebbe tante parole, ma vi consiglio di guardare questo film. Capirete perché preferisco lo giudichiate voi stessi.

Trama
Chi è Spider?
Spider”, in realtà, è un nomignolo che mamma soleva dare al suo piccolo Davis poiché da bimbo amava intrecciare fili di spago sino ad avere una trama che somigliasse proprio ad una tela di ragno.
Davis lo conosciamo subito in età adulta, quando oramai è uomo ed è costretto ad affrontare da solo la quotidianità della vita.
Naturalmente, il passato di un individuo è importante per saper fronteggiare i problemi presenti e futuri e ci accorgiamo immediatamente che il passato di Davis, non è di buoni ricordi. Ancora frustrato dalla mancanza della madre (uccisa dal padre, quando lui era ancora nel vivo dell’adolescenza), il protagonista torna ad abitare in una pensione nell'East End di Londra, dopo anni passati in manicomio. Questa zona, però rievoca in lui quegli anni difficili, quando orfano di madre “combatteva” contro il padre e la compagna che avrebbe dovuto sostituire la figura materna. Compagna che si rivelerà un'ossessione.
Come mai, infatti, Davis ha passato così tanti anni in un ospedale psichiatrico? L’ improvvisa perdita della madre ha avuto una conseguenza così drammatica nella sua vita da non riuscire a superarla? E perché, non c’è nessuno ad aspettarlo, alla stazione? Cosa successe davvero, “quel” giorno?

Citazioni
- Gestore della Pensione "Signor Davis, come mai porta tutte queste camicie addosso? Quante ne ha? Quattro?" - Coinquilino "Non lo sa? Gli abiti fanno l'uomo e meno c'è l'uomo più cresce il bisogno dell'abito!"

Carta d'identità
Titolo originale: Spider
Titolo italiano: Spider
Data di uscita (in Italia): 29 Novembre 2002
Genere: Thriller
Durata: 99'
Regia: David Cronenberg
Da vedere: innamorarsi della tecnica di ripresa (così delicata) di Cronenberg è inevitabile. Com'è ugualmente scontato considerare questo film, una Grande pellicola. O almeno, lo spero. Fragilmente meraviglioso.

sabato 23 giugno 2007

Omaggio ad un grande Maestro


"Thank you, thank you very much.
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno voluto questo premio per me ed hanno ritenuto di concedermelo. Un grazie particolare a tutti i miei registi per le musiche dei loro film. Non sarei qui se non per loro. Un pensiero va anche a tutti gli artisti che pur meritando questo premio non l'hanno ancora avuto. Mi auguro possano riceverlo nel prossimo vicino futuro". Questo premio non è per me un punto di arrivo ma un punto di partenza per migliorarmi al servizio del cinema. A mia moglie Maria che mi ama moltissimo. Questo premio è anche per lei" -Ennio Morricone-

(grazie a http://www.reportonline.it, dal quale ho "rubato" foto e dichiarazione)

Viviamo di piccole ed effimere emozioni. Le sue note, le rendono grandi ed eterne.
Grazie, Maestro!

Chiedo scusa, per i post piuttosto ermetici. L'università sta prosciugando ogni mia risorsa. Prometto, di mantenere la stessa energia con il quale ho affrontato sin d'ora questo "lavoro" e ringrazio coloro che mi sostengono. Come le note del grande Maestro, per l'appunto.

Alla prossima visione!

venerdì 15 giugno 2007

Uno spazio speciale

Il cinema di oggi si preoccupa sempre più degli incassi, dei premi da assegnare, delle retribuzioni, della pubblicità, del successo... senza quasi mai aprire il cuore verso coloro che il cinema lo sanno raccontare. Lo sanno trasmettere. Lo sanno vivere ed amare. Come nessun altro.

Occuperei pagine e pagine parlandovi di Gianni Canova, una persona che il cinema lo "mastica" sin dalla prima colazione. E se lo porta appresso anche al lavoro. Per l'esattezza, lo insegna.
Più che insegnarlo, lo rende "vivo" con quella passione di rara bellezza che lo rende speciale.
Canova è un critico cinematografico italiano, dirige il mensile "Duellanti" e partecipa a programmi cinematografici sui canali satellitari Sky.
Ed è in grado di svolgere tutto questo, con la stessa voglia di "regalare" ed "arricchire".

Io non sono altro che un granello di sabbia, in mezzo ad un grande deserto di persone, ma parlare di lui (e magari incuriosirvi a leggerlo ed ascoltarlo) è il minimo che possa fare per questa fetta del panorama cinematografico che troppo spesso viene ignorata.

Amate il cinema, non scaricatelo, non sottovalutatelo, vivetelo sulle poltrone rosse e magari con le persone giuste. Saprà come ripagarvi, nel migliore dei modi.
Ed in mezzo a tutti questi film stranieri, aprite uno spiraglio di fiducia verso il Nostro Paese. Anche lui ha tante "cose" da raccontarvi.


"La cosa che so fare meglio - credo - è insegnare. Cinema, ovviamente.
Mi piace contagiare gli altri con le mie passioni.
Mi piace che gli altri mi contagino con le loro.
Ho avuto la fortuna di avere grandi maestri.
E la possibilità di trasformare una passione in professione"
-G. Canova-

Grazie Gianni, di cuore.

lunedì 11 giugno 2007

Il male eterno di Zodiac

Ore 00.15. Torno da due ore e quaranta, circa, di delitti irrisolti. Sopra le spalle, il peso di un caso che mai è stato chiuso. Sulle nostre poltroncine, siamo astanti di questa vicenda, ma ci sentiamo vittime di tale ingiustizia e colpevoli di non essere stati in grado, nemmeno noi, di scoprirne il colpevole. Da spettatori, diventiamo automaticamente protagonisti. La distanza metafisica che ci separa dalla finzione, sembra non esistere più.
E quanto detto, è un aspetto positivo, poiché significa che il film ha “funzionato” come doveva. Un punto a sfavore, perché torniamo a casa, assicurandoci settantadue (o forse settantatre) volte che la porta sia ben chiusa a chiave, che la macchina sia nel garage e che il telefono non si metta a squillare. Se dovessi sentire rumori estranei alla quotidianità della sera potrei non terminare questa recensione. E magari finire al pronto soccorso per un attacco di panico.
Analizzando il film nei dettagli assicuro che la tecnica di ripresa è straordinaria. Fincher adotta una modalità molto “realista” (non riesco a togliermi dalla mente la donna accoltellata nel secondo delitto, impressionante) ricorrendo a didascalie per ricordarci del (troppo) tempo che scorre senza aspettare. Lui non sarà dalla parte del bene. Il dolore penetra nelle ossa, l’orrore è immenso protagonista (per lo meno nei primi minuti), la rabbia è un continuo crescendo e l’angoscia non ti abbandona mai. Questo misto irrinunciabile, dura a mio avviso, troppo a lungo. Come ben avrete notato, se mi leggete dall’inizio, le pellicole eccessivamente durature mi assopiscono. Anche per questo, il voto a destra non è più alto. Il secondo tempo, forse, diventa un po’ meno ritmico del primo, ma almeno distende un poco i nervi (santo cielo, il mio gatto è entrato di soppiatto in camera e già mi ero “armata” di portapenne- primo oggetto trovato, ma direi alquanto inutile a meno che le matite non fossero ben appuntite! Credo che mi preparerò una camomilla). Facile ritrovarsi con le ginocchia fra i denti dal tanto ci si è rimpiccioliti alla sedia.
Jake Gyllenhaal (interpreta il vignettista Robert Graysmith) mi era già piaciuto moltissimo in “Donnie Darko” (pellicola che merita di essere rivista) e devo ammettere che per i ruoli “psicolabili” ha l’espressione giusta. Il resto del cast, non delude affatto. Forse un pochino il “sospetto numero uno”, che me lo immaginavo completamente diverso, ma la fantasia è una buona arma per affrontare il mistero.
Un ottimo film, davvero. Oserei dire, forse, non così capolavoro come lo avevano giudicato alcuni “colleghi”, ma non sicuramente non meritevole di tanto successo.
Concludo col dirvi che, probabilmente, stanotte non avrò sonni tranquilli, ma il cinema sa dare anche questo.


Trama
America, Baia di San Francisco, 4 Luglio 1969. Trentotto anni fa. Ci ritorniamo per chiederci se davvero, un delitto, può risultare così perfetto da non trovarne mai un colpevole. In questo caso, però, l’assassino non ne compie solo uno ma diversi (sono state accertate sette aggressioni, con cinque morti. Ma il numero potrebbe tranquillamente lievitare), in tempi anche piuttosto lontani. In aggiunta, la sua follia arriva anche a superare qualsiasi limite. L’uomo, infatti, si diverte ad inviare messaggi decifrati e lettere scritte a mano, a polizia e ad alcune redazioni di giornali. Fra questi (il “Chronicle”) c’è il vignettista Robert Graysmith, che si interesserà in maniera morbosa alla vicenda, sino a diventarne ossessionato.
Un racconto ispirato alla storia vera del serial killer americano Zodiac e che non è mai stato trovato. Storia che insegna quanto la crudeltà umana, in preda a follia pura, nuoce non solo i parenti delle vittime, ma anche chi lavora giorno e notte per porre fine a questa disumanità e tutti coloro che, seppur in maniera indiretta, entrano in contatto con la vicenda.
Viene da pensare che in questi casi dove ogni sforzo sembra non portare a nessuna conclusione: quando è il male a vincere, la parola “fine” non accontenta proprio nessuno. Nemmeno la fonte di tanto dolore.

Citazioni
- Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal) al figlio, intento a lavarsi i denti: “Sputa” – “L’ho mandato giù!” – Graysmith “Ma perché?!” – “Sapeva di menta!”
- Zodiac, in una delle tante lettere “Mi piace uccidere uomini più che selvaggina, perché l’uomo è l’animale più pericoloso”
- Graysmith ad un dipendente del “Chronicle”: “Non ti dà fastidio che ti chiamano IL TAPPO?” – “A te non dà fastidio che ti chiamano IL RITARDATO?” – Graysmith “Non mi chiamano così!” – “Sì, sì come no!”.
- Graysmith al collega amico Paul Avery (Robert Downey Jr.): “Ho sentito di un certo mio soprannome…” – Avery “Cosa? RITARDATO?” – Graysmith “Mah, è vero?” – Avery “NO!”
- Melanie (Chloe Sevigny) “Dove sei stato?” – Graysmith “Ero al poligono” – Melanie “Ma, mi hanno detto che fai il vignettista... che ci facevi al poligono?” – Graysmith “Leggevo…”


Carta d'identità
Titolo originale: Zodiac
Titolo italiano: Zodiac
Data di uscita (in Italia): 18 Maggio 2007
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 158'
Regia: David Fincher
Da vedere: a chi necessita di emozioni vere e che terranno compagnia per numerose notti. Film forte e "doloroso". Angosciante.

sabato 9 giugno 2007

Anche gli attori... scrivono



"Preferisco di gran lunga lo scrivere al recitare, perchè si può farlo mollemente sdraiati su un divano, invece che correndo su e giù per una scala 14 volte. Ma io sono una persona molto frivola e sono semplicemente attratto dall'idea di starmene lì seduto in modo molto bloomsburiano"


Nel 1996, James Hugh Colum Laurie (perchè proprio Hugh e non James? Faceva molto "Il mio nome è Laurie, James Laurie"), era interprete di ruoli minori nei telefilm per la tv, in qualche doppiaggio e nei film a cartoni animati. Così, nei panni del manigoldo Gaspare, ne "La carica dei 101 - Questa volta la magia è vera", Laurie nello stesso anno raggiunge anche il grande schermo. Ruoli che però, a giudicarli con il senno di poi, non potevano bastare a raccontarci il fascino e l'originalità che nascondeva questo 37enne attore londinese.
Oggi (che di anni ne ha 48), troppo spesso, si tende a chiamarlo "Gregory House", personaggio che interpreta dal 2004 e che, possiamo dire, in parte gli restituisce ciò che in quasi trent'anni il tempo non è riuscito a concedergli: emergere.
Scrivo "in parte", poiché un pezzetto mancava ancora. Fortunatamente, il successo conquistato tra i corridoi di un immaginario ospedale (per l'esattezza, il Princeton-Plainsboro Teaching Hospital, del New Jersey) gli ha permesso di completare il mosaico con l'ultimo prezioso tassello: scrivere. Tornando al '96, infatti, il nostro "Dottore" invia a numerosi editori il manoscritto de "Il venditore di armi", servendosi però di uno pseudonimo, in modo tale da ottenere un sincero interesse senza badare al "peso" del suo nome.
Il libro, a undici anni dalla sua "nascita", viene pubblicato anche in Italia. Esce nelle librerie il 23 Maggio 2007, attraverso la Marsilio Editori. Nove giorni dopo, la sottoscritta (preciso: in periodo di preparazione agli esami universitari- sennò probabilmente i giorni si sarebbero ridotti a uno massimo due), ha letto l'ultima riga dell'ultima pagina (prima naturalmente le altre 348, intendo).
Perchè in Thomas Lang, il protagonista di questa storia, troviamo un personaggio degno di molta attenzione: coraggio, professionalità, fascino e quei toni vagamente "housiani" di ironia e strafottenza. Tutto meravigliosamente assortito. Una specie di Bond, più o meno. Sospeso tra il bene ed il male, e sempre in lotta per amore di una donna. Pagine che vi trovete a "divorare", senza mai esserne stanchi, la lettura è così coinvolgente che potreste non accorgervi che la fine del mondo tanto annunciata è arrivata proprio oggi.

Trama
Thomas Lang, è un ex poliziotto, che vive una vita tranquilla, quasi mai senza un soldo ed eternamente solo. All'improvviso si trova al centro di un uragano di "interessi". Agenti della Cia, miliardari senza scrupoli, governatori inglesi e trafficanti di armi se lo contenderanno (ciascuno per il proprio scopo).

Citazioni
- "Sei stata tu a venire qui oppure io ho ricostruito la strada attorno alla tua automobile?"
- "Cominciavo a provare il vero piacere del pattinaggio sul ghiaccio. Stavo copiando la deliziosa piroetta della tedesca che avevo davanti, e mi riusciva piuttosto bene. Ed ero anche quasi in grado di restarle attaccato alle costole, altro dato piacevole. La tedesca doveva essere sui sei anni"
- "La gente dice che i proprietari di cani somigliano ai loro cani, ma ho sempre pensato che lo stesso sia vero, se non più vero, per i proprietari di scrivanie e le loro scrivanie (...)"



Laurie è meritatamente entrato nelle librerie italiane, dategli fiducia ed entrerà altrettanto meritatamente nei vostri cuori di lettori.

mercoledì 6 giugno 2007

Ai confini di un mondo… infinito

Una maratona… ma non una di quelle dove arrivi stanco ma felice, qualunque sia il tuo risultato. Nossignori, una di quelle dove raggiungi la meta stanco ed un po’ confuso. Non sai spiegarti se la felicità che provi è per via del fatto che ti ha regalato qualcosa di buono o semplicemente perché è finita e basta (e tu cammini ancora sulle tue gambe!). E nemmeno sai se davvero sei contento. O soddisfatto. O nessuno dei due. O entrambi.
Ti auguri soltanto che, quando poggi i piedi a terra dopo 170 minuti circa, trovi la solida consistenza di un pavimento (o tappeto o moquette), non mare in tempesta. E quando esci dal cinema, a respirare la prima boccata d’aria (più o meno buona, ma almeno non viziata) ti trovi a guardare il cielo sperando che nessuna Dea abbia deciso di giocarti un cattivo scherzo, poiché l’ombrello l’hai lasciato proprio accanto all’ingresso di casa.
Perché dopo tre interminabili ore (uso quest’aggettivo, ma senza voler davvero trasmettervi così tanto disprezzo- è solo la parola giusta) hai il timore di uscire dalla sala e trovarti il ragazzo che ti ha venduto il biglietto con strani tentacoli che gli escono da ogni dove o casa tua circondata da una lugubre palude che prima ne avevi proprio ignorato l’esistenza.
Il III capitolo degli amati Pirati stordisce, e parecchio. Sottintendo che sia sempre meno bello del primo (imbattibile) ma perlomeno meglio del secondo. Forse ci abbiamo fatto l’abitudine e quei raccapriccianti mostri marini umanizzati non ci inorridiscono più. O almeno non ci fanno rimettere le penne all’arrabbiata mangiate a cena.
Certo è che questo film di cose grandiose ne ha fatte: effetti speciali, imponenti battaglie (rese ancor più epiche dalla tanta acqua (in mare e dal cielo) che le accompagna), impeccabile colonna sonora, cast ancora una volta strepitoso e… Jack Sparrow (Johnny Depp)…
… avete del tempo?
Perché Johnny Depp non merita poco tempo, poche righe, poche lodi… ma tutto. Perché nei primi (quanto? Si perde addirittura il senso del tempo) minuti (così me la cavo), l’abile Jack non compare e la sua assenza pesa più del pacco di pop-corn che teniamo in grembo. E quando rasta, barbetta e camminata ciondolante (assolutamente irresistibile) fanno il loro ingresso litigando con i propri ego (la solitudine gioca strani scherzi), cercando di trainare la “Perla Nera” con fune e braccia e poi aiutato da una miriade di granchi-sasso… insomma quando fa qualsiasi cosa (anche leccare il proprio cervello- non è una metafora orribile, chi ha visto il film mi comprenderà), Jack Sparrow tiene l’universo su un dito mignolo, e non solo quello femminile. Dunque la parola “poco” non può bastare a descrivere cotanta grandezza. Quando un uomo è bello, può permettersi matita, rimmel, unghie sporchissime ed anche puro egocentrismo. Ma, solitamente, la bellezza può bastare a nascondere il “poco” talento. Invece, in suddetto “caso umano”, vi sono entrambi. Bellezza (da vendere) e bravura (meglio tenersela stretta, è così rara e costosa!).
Vederlo darsela a gambe davanti alle difficoltà, battibeccare con i suoi compari, rifiutare baci o anche solo vederlo ripetere l’ormai famoso tic (inarcando il labbro superiore) è… come trovare un tè caldo dopo un grande sforzo. Sembra che ti rigeneri, ma non ti senti mai sazio.
Ed anche se, dopo eterni titoli di coda (se ci penso bene… sono ancora là), lui non ci sarà (al suo posto una famiglia Turner felice ed allargata), il suo sorriso e la sua andatura dinoccolante ti faranno sorridere ancora per molto. E meno male che, anche a questa maratona, ho deciso di parteciparvi.
Non dimenticatevi di guardare l’orizzonte, l’intramontabile Jack vi sorprenderà ancora una volta.
Spendo volentieri due righe (ma ce ne vorrebbero di più) per un personaggio che già doveva fare il suo ingresso nel II episodio (dannato albero! Dannata gravità!), ovvero il padre di Jack, il signor Teague Sparrow, nonchè chitarrista dei Rolling Stones nella vita reale, ma soprattutto ispiratore del personaggio di Jack. Insomma, un tuttofare che con la sua chitarra è in grado di far tacere qualsiasi rumore. Anche in sala.

Trama
Premetto, non seguo telenovela alcuna, a maggior ragione le 10654231 puntate di “Beautiful”. Suppongo però che se fossi una fan accanita e, se per motivi validi (come una vacanza in Tunisia, o una febbre altissima o vari ed eventuali), dovessi non seguirlo per 14 giorni (forse ne bastano 7), al mio ritorno ai soliti Ridge, Brooke, Taylor, ecc (Google fa miracoli in quanto a ricerca immediata) si aggiungono NostraAdamus figlio segreto di quello e quella, Ercole amante di colei che ha ucciso… bla bla bla… un vero disastro.
Fortunatamente, nei “Pirati dei carabi”, se si aggiungono personaggi non sono di certo con mascelle prorompenti o amanti segretissimi… però, nel III episodio spesso e volentieri mi sono trovata basita davanti a nomi e volti che “ma porc… io l’ho già visto questo…”, e mi perdevo tre quarti d’ora di film (bè che il tempo non manca per recuperare!). A parte questo, dopo ore ed ore a rimuginare (ho cambiato 15 magliette, da quanto ci ho sudato) ecco la sintesi del più recente episodio di Jack ed i suoi fratelli:
Avevamo lasciato Jack Sparrow (Johnny Depp), in evidente difficoltà fra i tentacoli dell’orrenda bestia Kraken del nemico Davy Jones (Bill Nighy). Non lo sapevamo (e mi chiedo com’è ho fatto a dormire sonni tranquilli, non avendo notizia di dove Jack fosse finito), ma dopo quello scontro Sparrow è stato traghettato nello scrigno di Davy Jones (luogo dove vengono tenuti coloro che non hanno pagato i debiti con lui). E lo vediamo, in tutto il suo splendore, intento a litigare con sé stesso e a smuovere invano l’ormai pensionata “Perla Nera”.
A sua insaputa, intanto, i compagni d’avventura Will Turner (Orlando Bloom), Elizabeth Swann (Keira Knightley) e Barbossa (Geoffrey Rush) con il resto della ciurma, salpano i mari alla ricerca dell’amico, allo scopo di riunire i “Nove Pirati Nobili”. La nuova forza, infatti, sarebbe in grado di liberare la Dea Calypso (imprigionata in un corpo umano) e prendere, così, il controllo dei mari. Inoltre, assieme al pirata Sao Feng (Chow Yun-Fat)- anche lui dei nove pirati nobili- ed il suo equipaggio, tentano di sconfiggere la Compagnia (nata a scopo di eliminare ogni Pirata rimasto) e, appunto, l’invincibile Jones (e mostri al seguito).
Fra scambi di equipaggio, colpi di scena e tradimenti, il film giunge (dopo tre estenuanti ore) ad una “fine” che, a mio avviso, non è del tutto compiuta… volete dire che capitan Sparrow non si senta ancora del tutto soddisfatto?
Noi abbastanza. Opportuno, naturalmente, che Gore Verbinski e soci si prendano un annetto sabbatico, per ora il III episodio può quella placare quella sete di Pirati che c’ha tenuto compagnia per un anno circa, dopo il secondo episodio così così.
E comunque questa trilogia va premiata sul serio, per l’impegno e l’impiego di numerosi addetti ai lavori (cameraman, aiuto cameraman, aiuto dell’aiuto cameraman, parrucchiere, chi tiene lo specchio al parrucchiere, e così via), lo testimoniano i titoli di coda, spaventosamente lunghi (non che io sia una di quelle che si ferma sino all’ultima lettera dell’ultima riga dell’ultimo titolo di coda, anzi, ma ero al corrente che dopo questi vi era un “Dieci anni dopo”).
Complimenti a tutti, nessuno escluso. Anche a Johnny Depp… l’ho già detto?

Citazioni
- "C'è di più di quello che appare in te e non è che quello che appare sia poco"
- "C'è così tanto male in queste acque che anche il più spietato dei pirati ne ha paura"
- Barbossa (Geoffrey Rush) "Non è affondare nella terra dei morti il problema, il problema è riemergere"
- "Per ciò di cui più tieni al mondo c'è un prezzo che prima o poi devi pagare"
- Jack Sparrow (Johnny Depp) "E' grazie alle grazie che siamo nei casini in cui ci siamo messi"
- "Per mille palle di cannone con la barba!"
- Barbossa "L'ultima volta che ci siamo visti mi hai sparato!" - Jack Sparrow "Non ero io!"
- Jack Sparrow alla sua ciurma "Non vi posso lasciare da soli un momento che mi avete mandato tutto in malora!"
- Jack Sparrow "Nave MIA, IO capitano!" - Barbossa "Ma io ho le carte!" - Jack Sparrow "Mmm... allora tu... CARTOMANTE!"
- Jack Sparrow "Nessuno è venuto a salvarmi solo perchè sentiva la mia mancanza?
- Jack Sparrow "Se posso avere un macete per la giungla dei tuoi pensieri..."
- "Il punto non è saper vivere per sempre, ma saper convivere con sè stessi per sempre"
- Jack Sparrow all'amico Gibbs (Kevin McNally) "Signor Gibbs, potete tirare il mio cappello se vi va..." Gibbs esegue e guarda il capitano Jack con soddisfazione, quest'ultimo di rimando esclama "Ora, andatelo a prendere!"
- Will Turner (Orlando Bloom) a Elizabeth Swann (Keira Knightley) "Tieni gli occhi puntati sull'orizzonte"

Carta d'identità
Titolo originale: Pirates of the Caribbean: At worlds end
Titolo italiano: Pirati dei Caraibi - Ai confini del Mondo
Data di uscita (in Italia): 23 Maggio 2007
Genere: Azione, Avventura
Durata: 168'
Regia: Gore Verbinski
Da vedere: le interpretazioni di Depp valgono sempre almeno quanto il prezzo del biglietto. A chi si è lasciato prendere da questo mondo di mari e pirati, non è mai detta la parola "fine", ma per lo meno non si rimane a bocca spalancata come nel II episodio. Rinvigorito.

lunedì 4 giugno 2007

La comicità... in politica

Riuscite ad immaginare Beppe Grillo, o che so Corrado Guzzanti (per dirne due a caso), Presidente del Consiglio? Probabilmente avremmo le stesse tasse, le stesse infondate promesse, le stesse strutture mai terminate, ma sicuramente avremmo molto più spirito di quello che attualmente aleggia a Palazzo Chigi (ma non ci vuole molto).
Dopo aver immaginato Grillo che si candida alle prossime elezioni, pensate ora a Barry Levinson, un regista capace di dar vita a “Rain Man” o “Sleepers” (anche qui, tanto per dirne due) con la stessa maestria. Bene, ora aprite la mente verso i sorrisi e gli occhi sinceri di Robin Williams, un attore che praticamente nessuno oserebbe criticare. Medico regala gioia in “Patch Adams”, o psicoterapeuta in “Will Hunting - genio ribelle” (vincitore dell’Oscar come miglior attore non protagonista), tutte interpretazioni memorabili. Ma, pensandoci un poco, tutte datate a circa una decina d’anni fa. I film recenti di Williams non sono stati all’altezza di esaltare appieno la dolce sincerità che riesce a trasmettere questo 55enne attore dai mille volti.
Dopo aver riletto le prime righe almeno un paio di volte (per capirle), mescolate il tutto senza aggiungere altro, cocete a “fuoco” direi medio: otterrete in un brodo succoso, tutto ciò che potete chiedere per avere una serata piacevole. “L’uomo dell’anno”, per l’esattezza. E non è una ricetta di Suor Germana.
Perché spesso, a noi spettatori, le critiche di giornalisti, amici e parenti spesso “tagliano” le gambe. Perdiamo così la voglia di andare a curiosare un film che ci prometteva emozioni e finiamo per passare una serata come un’altra, con forse il rimpianto di non aver ascoltato solo noi stessi.
Invece, lo sguardo gioviale di Robin (e non la bandiera americana alle sue spalle!) sulla locandina del film mi ha “implorato” di entrare, mi ripeteva “Mica può capitarti tutti i giorni, di vedermi nei panni del Presidente degli Stati Uniti!”.
Ora posso dire che questo brodo, nonostante si faccia piuttosto “freddino” in un secondo tempo, mi è piaciuto parecchio: reso gustoso dalla comicità di uno strepitoso Williams (potrei scommetterci le pantofole che, alcune battute, non sono scritte sul copione, ma arrivano direttamente dalla mente geniale dello stesso protagonista), che a lungo andare vorresti sentirlo “monologare“ per ore ed ore, con o senza bancone, vallette e telecamere. Invece diventa Presidente di una nazione che (e non è la sola) necessita di una rispolveratina in quanto a “uomini al comando”.
Un film che ricorda a tutti i comuni desideri di novità, ironizza intelligentemente sul passato e sul futuro, mantenendo sempre uno sguardo vigile a ciò che si vorrebbe costruire. Un messaggio che inoltre vorrebbe stordire le menti di chi non fa nulla (e dovrebbe) per cambiare le sorti di un mondo (e non solo politico) che non sta solamente rotolando, ma se ne frega di una discesa diventata troppo facile (dunque si cade molto più velocemente).
Una buona colonna sonora fa da ombra alle gesta di un comico che desidera solo rendere la politica qualcosa di cui andarne fieri.
Se ci pensiamo un poco, non ci servono “Iene” o “Striscia la notizia” per comprendere che, da parecchio tempo, gli uomini potenti non sono altro che promesse mai mantenute. Ci basta però guardare un sorriso di Williams per capire che abbiamo bisogno di questi piccoli, effimeri segni per poter continuare a sperare in qualcosa di vero.
Tom Dobbs For President… sempre e comunque.

Trama
Tom Dobbs (paragonabile ad un Beppe Grillo o Maurizio Crozza dei nostri) è un comico tv, che durante il suo talk show si diverte a punzecchiare i politici ed il loro sistema. Una sera come tante, prima di una diretta, una spettatrice propone a Dobbs di candidarsi alle prossime elezioni. Qualche mese più tardi (nel classico “da cosa nasce cosa”), Dobbs ed i suoi fedeli compagni di lavoro (fra cui il suo manager Jack Menken- un grandissimo Christopher Walken) intraprendono (e con la grinta giusta) un’onesta campagna elettorale. A conclusione delle elezioni, con grande sorpresa di tutti (Dobbs compreso), il vincitore è proprio il comico tv. Tom affronta, così, la sua nuova carriera con lo stesso entusiasmo con il quale l’aveva pensata, sino a che un’onesta (e un po’ nevrotica) impiegata dell’azienda di software che ha promosso l’elezione, Eleanor Green (Laura Linney, l’avevo conosciuta in “Mystic River”), lo metterà al corrente di un sorprendente inganno ma soprattutto gli aprirà gli occhi su una verità ancora più grande e che Dobbs fino ad allora aveva ignorato: la bellezza di amare.
Un film che perde un po’ di brio nel secondo tempo, ma che trova l’energia giusta in un Robin Williams ritrovato, in un cast azzeccatissimo e in un ingegnoso umorismo che vi piacerà.

Citazioni
- Tom Dobbs (Robin Williams), chiacchierando con il suo pubblico del suo show: "Le telecamere puntano sul nulla, lo dice anche la critica!"
- "Preferisci una cena con Coffee Annan o Woody Allen?" - Dobbs "Con Allen se non ci fossero coreane, ma anche Coffee per chiedergli caffè Coffee? Caffè Coffee, mh?"
- Jack Menken (Christopher Walken) a Dobbs "Sei un comico che fa politica, se non fai ridere sei come un uomo che fa sesso senza donna... Ti accorgi che manca qualcosa!"
- "Come fai a dimostrare che sei per la famiglia?" - Dobbs "Con le ceneri di mia madre in mano!"
- Dobbs durante la sua campagna "Regaleranno Viagra ma non occhiali da vista. Cioè, avrete un'erezione ma non saprete dove metterla!"
- Dobbs "Se una bulimica condividesse un panino con un'anoressica, a quest'ora sarebbero ancora vive!"
- Dobbs "Se nel mio show mi tirano le mutandine è perché le vogliono lavate e stirate per Venerdì!"
- Dobbs, a conclusione del film "I politici sono come i pannolini, vanno cambiati spesso e sempre per lo stesso motivo"

Carta d'identità
Titolo originale: Man of the year
Titolo italiano: L'uomo dell'anno
Data di uscita (in Italia): 11 Maggio 2007
Genere: Commedia
Durata: 115'
Regia: Barry Levinson
Da vedere: a chi ha voglia di rivivere le più belle interpretazioni di Robin Williams, per ricordarsi che i più grandi non tramontano mai. Divertente.

venerdì 1 giugno 2007

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"Secondo me, abbiamo fatto un gran film.Ciò che pensa la gente è
ormai in mano
agli Dei"

(Daniel Craig, conclude così l'intervista che accompagna i "Contenuti Speciali" del doppio Dvd "Casino Royale"- da cui ho preso la foto)

Contenuti speciali che, a mio avviso, vogliono mostrare allo spettatore quanta passione, fatica e sacrificio stanno dietro (e davanti) ad una macchina da presa.
Esaltano il coraggio di Martin Campbell (e dei produttori), che senza la minima esitazione, ha cambiato le carte in tavola, regalandoci un personaggio del tutto nuovo. Tolta la polvere, che ormai era troppo evidente, si è pronti a ripartire daccapo.
Danno spazio a chiunque abbia contribuito alla realizzazione. Chi più, chi meno. Senza dimenticare che nessuno è più importante di un altro.
Lodano colui che, seppur biondo e dagli occhi indescrivibili, ha saputo dare il meglio di preparandosi a qualunque scena con una rara passione. Trasmettendoci, così, emozioni vivissime e la consapevolezza che, la storia del cinema, ha dato il benvenuto ad un nuovo nome.
Come se non bastasse il film a dircelo.

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