sabato 28 aprile 2007

Appunti di un genio!

Provo un intenso desiderio di tornare nell'utero... di chiunque.

Fortunatamente, secondo la moderna astronomia, l'universo è finito: un pensiero consolante per chi, come me, non si ricorda mai dove ha lasciato le cose.

Se sei intelligente puoi fare il cretino ma se sei cretino non puoi essere intelligente.

L'amore è la risposta, ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande.

Io non credo in Dio, non ci ho mai creduto... Diciamo che lo stimo.

Ho un rapporto catastrofico con le tecnologie: se passo sotto un lampadario a gocce, si mette a piovere.

Grazie a Dio sono ateo.

Il mio primo film era così brutto, che in sette stati americani aveva sostituito la pena di morte.

Non è che ho paura di morire, solo che non voglio esserci quando accadrà.

Dio è morto, Marx è morto... e anch'io oggi non mi sento molto bene!

Voglio raccontarvi una storia straordinaria sulla contraccezione orale. Ho chiesto a una ragazza di dormire con me e lei ha risposto: "No."

Non condannate la masturbazione. É fare del sesso con qualcuno che stimate veramente!

Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto.

Quand'ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una decina di volte. Ma io sono sempre riuscito a trovarli.

Woody Allen é genio e sregolatezza.

"Genio" perché sia da regista che da interprete, trasmette perfezione. Spontaneo ed onesto, soprattutto con lo spettatore ed il proprio mestiere. "Sregolatezza" poiché tutto ciò che dice e fa, avvengono con una smoderata naturalezza.

Un uomo che ascolterei per ore ed ore... per fortuna ci sono i suoi film.


[Non è stato per nulla semplice scegliere le frasi appropriate, da presentarvi. Ognuna ha davvero qualcosa di incredibile. Per ora accontentiamoci di queste. Grazie, come sempre, a http:\\pensieriparole.it per questo "prestito" di pensieri. Un abbraccio a chi legge... e a chi mi crede].

Siete pronti?

Il conto alla rovescia é iniziato, meno 10 giorni e "Casino Royale" sarà disponibile in Dvd (consentito solo il noleggio, per la vendita bisogna aspettare il 22 Maggio).
Attendo commenti (anche se questi, scarseggiano visibilmente... e ne sono un po' amareggiata) di chi ancora non l'ha visto... vi concedo una sera per innamorarvene. A presto.

mercoledì 25 aprile 2007

Quattro "svalvolati" alla ricerca della libertà



Woody (John Travolta): "Ti svegli mai chiedendoti che fine ha fatto la tua vita?"

Se siamo consapevoli di assistere ad un film “leggero”, non pretendiamo nemmeno di imbatterci in spunti troppo “impegnati”; ma non diamo sempre per scontato che, se la pellicola è di tipo comico, ci ritroveremo sulla poltroncina ad ammazzarci di risate.
Svalvolati On The Road”, è l’esempio di “commedia” divertente, ma per davvero.
Il primo tempo è uno spasso, il secondo è la concretizzazione degli eventi avvenuti in precedenza. Godibile, comunque.
In principio, abbiamo una breve illustrazione della quotidianità vissuta dai quattro protagonisti a conclusione del quale, osiamo pensare, non ci sia nulla di buono, senza eccezione alcuna: Doug (Tim Allen) è un dentista, annoiato dal suo lavoro e preoccupato per la poca considerazione che suo figlio ha per lui (riuscisse almeno a consolarsi a tavola! La moglie, impensierita dei suoi alti livelli di colesterolo, lo rimpinza di insalate e verdurine cotte); Bobby (Martin Lawrence) è un infelice idraulico che, stanco di quei lavori “sporchi”, s’improvvisa scrittore di manuali, accendendo ancor di più quella miccia di sua moglie che non fa altro che "vomitargli" addosso insulti; Dudley (William H. Macy) è lo sfigato del gruppo (in ogni combriccola che si rispetti, ve ne è uno)- e senza di lui le risate sarebbero ben più limitate- nel lavoro è un programmatore di computer, nella vita è timido ed imbranato, con sé stesso ma soprattutto con le donne; giungiamo poi all’ultimo componente, Woody (John Travolta), apparentemente il più “fico” di tutti, ma che nasconde le sue debolezze attraverso bugie di uomo felice, vivendo invece un momento critico (si sta separando dalla moglie- super fotomodella- e perdendo il lavoro, in sintesi è in una fase di tracollo).
Ormai raggiunta (in alcuni casi, anche superata) la mezza età, i protagonisti, sembrano rassegnarsi alle loro sciagure, attendendo inermi quella vecchiaia che si porterà via anche l’ultima briciola di grinta (come l’ho resa “tragica”!). Tutto viene messo in discussione quando Woody racconta loro la sua voglia di rispolverare quello spirito selvaggio che, nella verde età, li conduceva verso mete sconosciute a bordo dell’amata (e mai tradita) due ruote (forse, l’unica “donna” in grado di renderli davvero uomini); propone, così, agli amici di riformare la vecchia banda “Wild Hogs” e partire senza indugi verso la California. Un po’ inebetiti ed impauriti, i tre (non con poche difficoltà Bobby- con una banale scusa del tipo “Devo seguire un congresso sui gabinetti a pompa!”- e Doug- con una timida verità- riescono a “liberarsi” anche delle rispettive mogli) affrontano la nuova avventura, anche solo per riesumare le vecchie emozioni che solo un giubbotto di pelle, una bandana sulla testa e una motocicletta sanno trasmettere.
L’obiettivo del viaggio è quello di vivere sul filo del rasoio, sbarazzandosi di qualsiasi cosa possa ricordargli la routine (a partire dai cellulari) ma immersi completamente nella natura. Tra una “sosta” (la moglie di Doug aveva previsto “Dei motociclisti attempati che devono fermarsi ogni due minuti perché sai… la prostata!”) e l’altra, i quattro si vedranno trascinati in situazioni esilaranti (il poliziotto omosessuale, la famiglia venuta in riva al laghetto per un pic-nic, …) sino a che in un locale del New Messico, incontrano i “veri duri” dei “ Del Fuegos”, capitanati dal terrificante Jack (Ray Lotta). Da quel momento, quella che era iniziata come una spensierata vacanza fra vecchi amici si trasformerà in una vera e propria gara di sopravvivenza. Come finirà? Tocca a voi scoprirlo (un finale un po’troppo eroico, ma non poteva andare diversamente).
Io so solo che, in sala, da tempo non mi sentivo così spensierata, come se anche io mi trovassi a condividere un sedile e dell’aria buona con quattro vecchi amici.
Piacevole, davvero (come è “gustosa” la colonna sonora). Andatelo a vedere.


Così, per ridere...


Per chi già avesse visto il film, ricordiamo qualche battuta insieme (ho voluto creare questo "spazio" riservato alla comicità della pellicola proprio perché ritengo ne valga la pena).
Avviso: coloro che non l'hanno visto (ma che lo vorranno vedere) si prendano la responsabilità nel continuare la lettura, ai fini poi di gustarvi appieno la pellicola.

- La suocera di Bobby (Martin Lawrence), nel vederlo a casa e non impegnato al lavoro, esclama: "Ai miei tempi, la donna stava a casa mentre l'uomo era fuori al lavoro!" - Bobby, risponde alla "frecciata" con un sarcastico: "Ai tuoi tempi, però, costruivano le piramidi!";
- Scena: i "Wild Hogs" entrano nel locale dei "Del Fuegos", questi iniziano immediatamente a prenderli in giro. Bobby (Martin Lawrence), Doug (Tim Allen) e Dudley (William H. Macy) non osano replicare, il "duro" Woody (John Travolta) non si lascia certo intimorire e una volta tolti gli occhiali da sole lancia loro uno sguardo che a parole non saprei descrivere (aveva comunque lo scopo di intimorirli, ma era tutt'altro che cattivo!). Non cogliendone il significato, uno dei "Del Fuegos" domanda "Mah, é cieco?" - Doug: "Ma quando siamo entrati ci vedeva!";
- Jack (Ray Lotta), spara a zero sulle professioni che i quattro protagonisti svolgono nella vita, azzeccandoci senza il minimo errore, Dudley dice con tono sorpreso: "Aòòò, ci prende... a che colore sto pensando?";
- Al tavolo, del suddetto locale, Dudley osserva tutti i tatuaggi di un componente dei "Del Fuegos", con fare interessato gli chiede: "Beeelli i tuoi tatuaggi, dove li hai fatti?" - l'uomo si volta verso Dudley e senza mostrare emozioni urla: "In carcere!" - Dudley, a quel punto, mostra il suo sulla spalla (un marchio di una famosa marca, una mela gialla con un morso a lato), l'uomo con aria di sfida "Ah, e tu?" - Dudley, fiero dell'interesse: "Al supermercato, sono bravi lì!";
- I quattro amici, si ritrovano a secco di benzina con la prima stazione di servizio a 200 miglia, in tono più che scoraggiato Bobby informa: "Ho sete! Nel deserto ci sono i cactus... qui non c'è un c....o di cactus!" - Dudley, in tono di chi "la sa lunga": "Io credo che al plurale si dica CACTI!" - Bobby "Io lo ammazzo!";
- Nel piccolo locale di Màdrid (in America, non in Spagna), Dudley sembra essere molto interessato alla cameriera... agli amici racconta "Cavolo ragazzi, io volevo raccontarle una barzelletta ma mi venivano solo quelle sui neri!" - Bobby (che è di colore) lo guarda con aria di sfida: "Avanti, raccontamene una!" - Dudley "Ehm, ora non me ne vengono in mente";
- Sempre Dudley, vuole conquistare la ragazza sopra citata, facendola ballare alla festa di paese. All'amico Woody (che sappiamo bene quanto ne sia capace) gli confessa "Io ho il senso del ritmo, ma é il ritmo a non avere il senso di me!";
- Jack (Ray Lotta)- per un motivo che non vi cito- é assetato di vendetta, una volta riuscito a prendere in ostaggio il "disastroso" Dudley, minaccia i "Wild Hogs" di spezzare le gambe al loro compare se in cambio non avrà soldi. Per fare l'eroe, il nostro Dudley esclama: "No, amici, non pagateee! Sono un programmatore di computer, non mi servono le gambe!!!" - Jack "Ah sì, allora gli spezzeremo le braccia!" - a questo punto Dudley: "Ehi pagate subito, che aspettate forza pagate!!!". (Svalvolati On The Road - 2007)


Titolo originale: Wild Hogs
Titolo italiano: Svalvolati On The Road
Data di uscita (in Italia): 20 Aprile 2007
Genere: Avventura, Commedia
Durata: 100'
Regia: Walt Becker
Da vedere: a chi desidera dare una svolta alla propria vita, ma non ha il coraggio di affrontarla a testa alta. Grintoso.

lunedì 23 aprile 2007

L'estinzione solare

Il Sole sta morendo… e noi con lui.
Questo è solo frutto dell’immaginazione di un regista? Oppure previsione che annuncia ciò che, fra miliardi di anni, le nostre generazioni subiranno?
Il fatto è che, la pellicola, si descrive come genere fantascientifico, ma gli scienziati ci raccontano che questa destinazione utopistica non è poi così irrealizzabile.
Dunque film che, nelle sue riconoscibili esagerazioni, tra le righe denuncia una situazione che dovrebbe terrorizzarci (o per lo meno farci riflettere).
Il viaggio nello spazio della navicella (dotata di comfort da volo in prima classe, manca solo la sauna e la vasca idromassaggio- o forse non ce li hanno voluti mostrare!) Icarus II, ha il compito di portare a termine quella missione lasciata in sospeso sette anni prima dall’equipaggio (dato per disperso) di Icarus I. La nuova Icarus ospita a bordo otto astronauti, ognuno dei quali specializzato in scienze differenti: Corazon (Micelle Yeoh) è biologa (spero di non finire anche io- in quanto futura biologa- in una missione così “lontana” e di fondamentale importanza per la vita terrestre- mi basterebbe qualche analisi in un laboratorio “terrestre”!), Kaneda (Hiroyuki Sanada) è il capo del gruppo multirazziale, Harvey (Troy Garity) è il responsabile delle comunicazioni non che vice capo, Capa (Cillian Murphy) è invece il solo in grado di manovrare la bomba (di cui parlerò tra poco), l’ingegnere Mace (Chris Evans), lo psichiatra Searle (Cliff Curtis), la pilota Cassie (Rosa Byrne) e l’ufficiale di navigazione Trey (Benedict Wong).
“Il nostro scopo è quello di creare una stella dentro una stella”- c’informa Capa in uno dei suoi monologhi dei primi fotogrammi; la prima stella in questione sarà la risultante dall’esplosione della bomba (vasta quanto Manhattan) che Icarus ha il dovere di trasportare e sganciare una volta raggiunto (la seconda stella citata) il Sole in pericolo. Reazione nucleare che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo, nessuna certezza, nemmeno quella di ritorno) normalizzare la luce solare (“Quando vi sveglierete una mattina, e la giornata sarà bellissima, vorrà dire che ce l’avremo fatta”- è l’ultimo video messaggio che Capa lascia alla sorella).
La pellicola ci racconta (attraverso riprese da punti di vista diversi - i cambi di visuale sono così improvvisi e frequenti da far venire il capogiro) come i nostri eroi raggiungono la cosiddetta “Zona Morta”, dove sarà impedito ogni tipo di comunicazione con la Terra.
Una volta soli con loro stessi e l’infinito spaziale, i protagonisti, dovranno affrontare gli ultimi giorni di navigazione verso la meta, inciampando in imprevisti tecnici e psicologici: errori umani, decisioni che cambieranno la rotta prevista, accese discussioni, morti anomale… sino ad arrivare a scoprire che, a bordo, c’è un ospite sconosciuto che darà loro del filo da torcere (sorge spontanea la domanda (o forse sono io che non ho colto il particolare) di come abbia fatto a far parte dell’equipaggio, senza destare sospetti o accorgimenti).
Sunshine” è un film che “accarezza” generi differenti, alternando fantascienza a thriller sino a che, negli ultimi minuti (probabilmente per accentuare la trepidazione che si viene a creare) intraprende la strada dell’horror, cadendo però in un fatale ridicolo. O almeno, così mi è parso.
Pellicola che, però, trova punti di forza nel cast (attori giovani, ma talentuosi) e nella tecnologia che, pur sfiorando spesso l’ eccesso, ha la qualità di essere perfettamente elaborata nei dettagli.
Dunque, entrate in sala e godetevi la trama, senza però dimenticare una crema abbronzante ed un paio di occhiali da sole… ogni raggio che vi scalderà, potrebbe essere l’ultimo.

"C'è differenza tra l'aver paura di non tornare a casa
e la sicurezza che non ci tornerai?" (Sunshine - 2007)

Titolo originale: Sunshine
Titolo italiano: Sunshine
Data di uscita (in Italia): 20 Aprile 2007
Genere: Fantascienza, Thriller
Durata: 108'
Regia: Danny Boyle
Da vedere: dedicato a chi non crede nella fine del mondo... o a chi, per comodità, pensa che non sarà nostra la responsabilità. Travolgente.

venerdì 20 aprile 2007

Il rock secondo il "professor" Jack

Il mestiere dell’attore porta denaro, successo, donne (o uomini) e probabilmente altro ancora che non cito (e nemmeno ne ho voglia). Ma non è solo piacevole perché fruttuoso. Calare nei panni di chi non ti appartiene, imparare a memoria un copione e stare ai ritmi ferrati per mesi di riprese, credo, non sia del tutto semplice. Ma c’è chi ha fortuna: interpretare un film che ti assomiglia e che racconta di te, agevola il lavoro, con il risultato che, davanti allo spettatore, non reciti… sei semplicemente te stesso.
Questa riflessione mi è nata dentro, spontaneamente, dopo la visione di “School Of Rock”, un altro di quei film che non t’impegna mentalmente, ma ti aiuta a non tormentarti di pensieri per almeno un paio d’ore. Ogni tanto, se ne sente il bisogno.
Perché l’attore in questione non è altro che il poliedrico Jack Black: un genio della creatività (leggere la sua biografia per crederci) e della semplicità, per lui recitare è naturale, basta fare casino! Interprete di diversi film come “Amore a prima svista” (2001), “Il rompiscatole” (1996), “Mars Attacks” (1996) ma anche del più recente e bellissimo “L’amore non va in vacanza” (2006), dei quali ne ho visti ben pochi, ma che mi hanno aiutato ad intuire che se, con il suo personaggio, riesce a portarsi la musica, si porta appresso una qualità in più (a confermarlo è la sua vita privata: oltre che attore, infatti, è anche chitarrista e cantante del gruppo “'Tenacious D”). Proprio come accade in “School Of Rock” ed il risultato è eccezionale, una rara esplosione di energia che può coinvolgere chiunque.
La storia: Dewey Finn (Jack Black) è un inetto, incapace di trovarsi una professione stabile (è un chitarrista e cantante, di una rock-band bramosa di sfondare), un’abitazione propria (vive con l’amico Ned Schneebly (Mike White), diventato supplente dopo una modesta carriera musicale con l’amico e coinquilino. E quando si trova l’amore, si diventa più responsabili, si mette la testa a posto e colui che era il “compagno di merende”, si trasforma improvvisamente in un fastidioso impiccio, del quale ci si disferebbe volentieri, o almeno per conto della nuova arrivata) e una vita regolare (nottate spese a suonare nei locali, tra alcol e rock'n roll, e di conseguenza levate progressivamente posticipate): in poche parole, un “eterno” sognatore.
Tutto, già piuttosto instabile, crolla quando la band lo esclude dal nuovo progetto e l’amico (o la nemica?) gli chiede con dovuta insistenza gli arretrati dell’affitto. Come sostenere tutto questo?
L’occasione si presenta senza preavviso: Dewey riceve una telefonata, indirizzata a Ned in quel momento fuori casa: si tratta di una nuova occasione di lavoro, quella di sostituire per un breve periodo un’insegnante di una prestigiosa scuola elementare. Dewey, sommerso dai debiti, si impossessa dell’opportunità, fingendosi l’amico.
Non avendo vaste conoscenze in campo scolastico ma soltanto la musica nel cuore, lo strano “professor Schneebly”, approfitta della situazione per trasmettere ai piccoli l’infinito (e a loro sconosciuto) mondo del rock, maturando l’idea (e poi la convinzione) che fra loro esistano davvero grandi talenti. Con questi, riuscirà a mettere insieme una vera e propria rock-band, mentre agli studenti rimasti (per non escluderli) assegnerà a ciascuno un ruolo ben preciso (geniale, l’alunno sarto, già prodigioso nel suo piccolo). Conseguenza di tutto ciò: anche quell’anno Dewey Finn, non rinuncerà alla sfida fra band e inventando ai suoi studenti un concorso scolastico e chiedendo loro (con una buona scusa) di mantenere il segreto ai genitori ma soprattutto alla (impetuosa) direttrice, tra bugie e malintesi, il gruppo “School Of Rock” riuscirà nel suo intento.
Nonostante le situazioni spesso prevedibili ma anche irrisorie, tutti noi ci troveremo a desiderare (come Dewey) un grande show…
E sono convinta che, anche colei che mi ha consigliato questa pellicola, lo desiderasse… nella certezza che lei, il suo, l’ha avuto…
Dunque, tutti noi, come il protagonista, dobbiamo crederci… non penserete anche voi che sognare da adulti sia infantile!
Complimenti, e tanti, alla naturalezza di Black, da prendere davvero come esempio.

Titolo originale: School Of Rock
Titolo italiano: School Of Rock
Data di uscita (in Italia): 02 Aprile 2004
Genere: Commedia
Durata: 108'
Regia: Richard Linklater
Da vedere: per chi non vuole mollare mai e desidera un "grande spettacolo" per sé stesso. Energico.

mercoledì 18 aprile 2007

Nicolas prevede... guai!

Chiedo venia per il ritardo di “consegna” del post, stavolta gli impegni (fra l’altro non giunti a buon fine… per ora!) si tingevano di nero-azzurro… e quando i colori “chiamano” per forza gli si risponde… dunque “sosta” piuttosto giustificata.

Finalmente, Nicolas Cage, si è tolto i panni dello scheletro di fuoco in sella alla sua motocicletta rombante (chissà perché, quelli da pompiere eroe dell’11 Settembre, non mi erano rimasti cosi impressi). Sì perché, conoscendo poco la sua filmografia, associavo l’immagine di paladino della notte al suo volto (e viceversa): senza però tener conto che Cage ha alle spalle una cinquantina di pellicole!
Così, è arrivato il momento di rivoluzionare la sua figura, da quella di “cavaliere a due ruote” a quella (più reale) di uomo tv (nello specifico, un meteorologo- per altro senza una laurea, dunque più appropriata la definizione di “veggente del tempo”) e padre di due figli, un po’distratto e pieno di guai- come se tra lui e loro ci fosse una calamita gigante ad attrarli inevitabilmente.
The Weather Man”, esce nelle sale nel 2006 diretto da Gore Verbinski ed interpretato, appunto, da quel Nicolas Cage dall’espressione buffa, caricatura di sé stesso e dei personaggi da copione che gli spettano. Espressivamente ilare, eppure capace di vestire ruoli responsabili senza mostrare difficoltà, Cage mostra qualità notevoli, poiché costantemente competente, in ogni trasformazione (mantenendo, poi, la stessa espressione facciale!).
Nella suddetta pellicola, la trama non volge a situazioni complesse, anzi, ci narra “solo” come la sfortuna perseguiti il nostro protagonista, che se la porta appresso quotidianamente: il personaggio in questione, come anticipato, è David Spritz (Nicolas Cage), famoso esperto di previsioni del tempo nella tv locale di Chicago. Al di fuori della sede televisiva, il successo non è però lo stesso: marito infelice (la ex moglie Laurinne, sta per sposare un altro uomo- o se volete mister “Ca..o di gomma, come “affettuosamente” lo chiama David; e tutto per colpa della salsa tartara ed un fondoschiena forviante!), padre altrettanto disastroso (due figli: Mike, il più grande, é in cura da uno psicologo- o viceversa?- per le bravate scolastiche; Shelly, la più piccola e grassottella, che ama i vestitini aderenti e le sigarette a dodici anni, crede fermamente che il soprannome “zoccolo di cammello”, assegnatole dai compagni, non sia collegato alle pieghe dei pantaloni troppo stretti ma al sua personalità… “tosta”) e figlio perdente, incapace di seguire le orme del padre Robert (un grande Michael Caine) scrittore di successo, ma anche arrendevole davanti alla malattia del “papone” che lentamente se lo porta via.
Non solo in famiglia, però, le sventure hanno un “peso” significativo: personaggio pubblico scontroso, tra innocenti fan che gli chiedono autografi (“ca..o” è un intercalare di moda, nel suo linguaggio), pedone un po’ sfigato, considerato che ogni giorno tra le strade di Chicago qualche d’uno si diverte a lanciargli cibi e bevande di ogni tipo sfornati dai fast food: frullati, bibite ma anche torte alla crema.
Insomma, un “Fantozzi” (prego i fan di Paolo Villaggio di accettare l’azzardato paragone, solo per il breve istante che intercorre fra qui e la fine di queste righe) all’americana, tanto per rendere l’idea della nuvoletta sopra la testa.
Tutto nero… sino al giorno in cui la nota rete televisiva newyorkese, “Hello America”, non lo contatta per un provino. Si aprono così le porte della speranza, nuvole spazzate via dall’ottimismo di avere il posto, la moglie, la casa e i soldi. Sereno che si oscura immediatamente quando il padre gli rivela che la malattia gli concederà solo qualche mese e che la moglie ha in serbo il progetto di matrimonio con il compagno.
Ma Dave (per gli amici… quali?) avrà la forza di crederci, convinto che le avversità l’hanno reso immune a qualsiasi altra sofferenza, si rialzerà dalle innumerevoli sconfitte pronto ad affrontare quell’unica opportunità che il ChissaChi ha voluto offrirgli…
Film leggero, senza particolari spunti impegnativi, ideale per quelle sere dove tutto ti sembra ostile (un po’ come questa, per me… sempre per i colori nerazzurri a cui accennavo prima ;)). Senza particolari sforzi si arriva all’attesa e meritata rivincita:
… già per uno che, ad una parata, precede SpongeBob… non può che permettersi un finale glorioso.


"Lo sai che la cosa più difficile da fare e la cosa più giusta da fare, spesso, sono la stessa cosa?"

"... ma facile non rientra nella vita degli adulti"
("The Weather Man" - 2006)


Titolo originale: The Weather Man
Titolo italiano: L'uomo delle previsioni
Data di uscita (in Italia): 03 Marzo 2006
Genere: Commedia
Durata: 102'
Regia: Gore Verbinski
Da vedere: per chi sente il peso quotidiano della sfortuna. Spensierato.

domenica 15 aprile 2007

La verità è nel gelo di Archangel...


Che ci fa Daniel Craig in giacca e cravatta, nella gelida Mosca anni ’90 e poi, in colbacco e cappotto, nell’ancora più glaciale Archangel?
Nel 2005, esce “Archangel”, appunto, thriller politico diretto da Jon Jones che, con non poca confusione, rimesta nel passato della storia russa, alla ricerca di segreti e misteri dell’era staliniana. Ed il nostro Daniel interpreta il professor Fluke Kelso, storico inglese giunto in Russia a far risorgere “quel” personaggio politico responsabile della morte di milioni di persone nell’Ex Unione Sovietica degli anni ‘30.
Dopo un’importante conferenza, Kelso viene avvicinato da un anziano sconosciuto che si rivela, poi, capo della polizia segreta nonché braccio destro di Stalin negli anni del suo indiscutibile (e spietato) potere. L’ex agente, testimone dell’omicidio della morte dello statista, svela al professore la presenza di un libro di appunti sotterrato a quell'epoca e mai più scoperto. Inizialmente scettico, lo studioso va alla ricerca del libro. Quando intuisce che, l’oggetto in questione, esiste davvero accetta di collaborare con l’anziano informatore. Il quale, però, nel contempo, viene brutalmente ucciso da chi probabilmente teme che “qualche scomoda verità” venga a galla.
Aiutato dalla figlia dell’ex agente, Zinaida (Yekaterina Rednikova), e da un invadente giornalista O’Brian (Gabriel Macht)- che desta innumerevoli sospetti, ma che poi…-, Kelso trova effettivamente le annotazioni, che però non sembrano appartenere a Stalin in persona ma ad una donna… che nella sua innocenza annuncerà ai tre un segreto di grande valore, conservato nella città di Archangel.
Tra soffiate di scarso realismo ed inseguimenti con mafia e governo russi- stranamente con lo stesso obiettivo- , ci si spinge verso un finale piuttosto prevedibile, ma necessario.

Ho timore di ripetermi cadendo in un’ineccepibile banalità (vogliate perdonarmi) ma non riesco a fingere nemmeno alla distanza che, i miei pensieri, percorrono sino al display: il film ha una bellezza sottile, troppo fragile per definirsi “capolavoro”, tutt’altro! Eppure mi ha dato emozioni. Non certamente solo la copertina rossa ed un po’ lisa di un diario sovietico o una sparatoria a sfondo bianco-neve quasi natalizio ma, e soprattutto, scrutare quegli occhi vivissimi, quell’espressività dura, quell’immergersi inevitabilmente nel personaggio che gli vive accanto nei giorni delle riprese: amo questo e molto altro… facendomi pensare che le sensazioni, che questo 39enne inglese (dopo aver visionato diverse pellicole, nelle quali fosse protagonista), trasmette stiano avanzando con passo sicuro verso le stesse che provo nei film di Sean Penn … quasi a toccarsi.
Anche se un film nasce da una storia da raccontare, dagli occhi di un regista (e i suoi attori) e da una cinepresa, diventa grande solo dal cuore di ognuno di noi.
Apritelo sempre davanti ad un grande (o piccolo che sia) schermo… .

Titolo originale: Archangel
Titolo italiano: Archangel
Data di uscita (in Italia): Aprile 2005
Genere: Drammatico, Storico
Durata: 131'
Regia: Jon Jones
Da vedere: per chi é appassionato di storia e di spionaggio. Storico.

A Great Daniel!!!

Vi invito a guardare questo divertentissimo corto, mandato in onda durante il programma "Comic Relief" ("bbc") condotto dall'attrice inglese Catherine Tate, nel quale lei stessa ci racconta "l'amore" (breve ;)) con il (mio preferito- per chi, ancora, non l'avesse capito ;)) nuovo James Bond, Daniel Craig. Quest'ultimo in vesti- eccezionalmente- comiche, senza però dimenticare di portarsi appresso il solito talento.
Insomma, sketch degno di rappresentare il primo video pubblicato sul blog. Primo di una lunga serie (come spero)... segnalate!!!

mercoledì 11 aprile 2007

Ficarra&Picone... danno i numeri

Mi prendo una pellicola “di pausa”, in fondo il cinema è meraviglioso poiché vario. Di tanto in tanto, sono necessarie anche le storie più “leggere”.
Ho assistito, anni fa, ad uno spettacolo teatrale del duo comico, erano i tempi di “Zelig circus” (tengo a precisare- non che la mia opinione cambi qualcosa- che non approvo le scelte televisive fatte dagli stessi, in tempi più recenti), da quell’evento apprezzai la spontaneità e la leggerezza con le quali intrattennero il soddisfatto pubblico. Nel 2001 uscì “Nati stanchi” (Regia di Francesco Bruni), ma non ebbi modo (né desiderio) di vederlo, essendo anche certa che gli unici comici in grado di poter diventare attori (con altrettanto successo) fossero Aldo Giovanni&Giacomo- non che mi sbagliavo!
Oggi, mi ritrovo con il mio bagaglio di pellicole “appesantito” (ma non troppo) da “Il 7 e l’8”, regia di Giambattista Avellino.
Commedia all’italiana, ambientata nell’accogliente e movimentata Palermo (priviamo i nostri occhi di tanta naturale meraviglia, noi italiani, vagando per mete oltre confine, ignorando che la bellezza sta proprio sotto i nostri piedi!); ecco cosa ci racconta, senza pretese, nella sua immediatezza:
1975, in una clinica palermitana, nascono Tommaso e Daniele: due neonati, che già si distinguono dai primi vagiti… gli anni passano e i due ignorano le rispettive vite…
… sino a che, il destino…
… 2001: ritroviamo Tommaso (Salvatore Ficarra,) ormai 31enne, teppistello nullafacente, che come ogni mattina viene inseguito da due poliziotti, insospettiti forse dai troppi cartelli stradali mancanti (guarda caso sotto casa sua) e da borse sempre colme di cd contraffatti. Proprio allo stesso incrocio dove avviene l’inseguimento, sopraggiunge in bicicletta Daniele (Valentino Picone), per l’ennesima volta in ritardo alla riunione con il tutor universitario che segue il suo programma di tesi (studia legge)- che sembra finalmente volgersi al termine, dopo 7 anni fuori corso: l’impatto è naturalmente inevitabile, come lo saranno le conseguenze dell’incidente, che porteranno i due ad una condivisione (forzata) di guai: mal comune mezzo gaudio, insomma. La trama si snoda, tra uno sbadiglio ed un accenno di risata, sino a che ci si imbatte in un colpo di scena (più o meno): i due protagonisti, si trovano ad avere a che fare con una verità scottante sul loro passato, che li costringerà non più solo a condividere i disastri, ma anche gli stessi affetti.
Recensione obbligata anche per me, come il rapporto tra i due personaggi, che mi ha costretto ad abbandonare quella spontaneità che mi siede a fianco ogni volta che scrivo.
Mi scuso con gli amici lettori, ma non è sempre facile “frugare” parole, come non è semplice affrontare il set: dunque la sufficienza data al film è figlia di coraggio e lealtà che i due comici si portano appresso davanti alla cinepresa.




Titolo originale: Il 7 e l'8
Data di uscita (in Italia): 16 Marzo 2007
Genere: Commedia
Durata: 93'
Regia: Giambattista Avellino, Ficarra & Picone
Da vedere: per chi ha voglia di divertirsi in compagnia della comicità siciliana. Leggero.

martedì 10 aprile 2007

La rivolta dei 300

“Ricordate questo giorno, uomini, perché questo giorno è vostro e resterà per sempre”.
“"Ricorda chi eravamo" l’ordine più semplice che un re possa dare”


Onore, gloria e libertà contro morte, violenza e dolore. Questa è guerra.
Il Re Leonida (un bravissimo Gerard Butler) difende Sparta (la SUA Sparta) dall’attacco dei Persiani capitanati da Serse (Rodrigo Santoro: bellissimo- anche se una tortura giornaliera di quattro ore e mezza di make up e depilazione completa, nascondono non poco la sua bellezza, mettendo in risalto solo i tratti vagamente femminili- ed imponente- 1.87 di uomo, altezza che sembrava non ancora sufficiente a dare l’idea di sovrano del mondo). 300 contro quanti? 200 mila, 300 mila? Numeri che fanno pensare inevitabilmente ad un pronostico scontato. 1 a 0 per i Persiani.
Ma la storia è un’altra. La vittoria non trova significato solo nell’aver ottenuto ciò per cui si è combattuto. E “300” ci racconta proprio questo.
Re Leonida mette in piedi un esercito di 300 (coraggiosi) guerrieri spartani, con lo scopo di arginare l’avanzata dei Persiani, facendo costruire un muro proprio sul passaggio che conduce questi ultimi a Sparta, costringendoli così a deviare attraverso uno stretto corridoio in modo tale che “il loro numero non avrà più così importanza”. Astuzia che, però, cederà davanti ad un tradimento inflittogli da uno dei suoi uomini, rifiutato al momento dell’arruolamento. Ma nonostante la palese sconfitta, Leonida, ossessionato dalla guerra e dall’orgoglio, non rinuncerà allo scontro diretto, rifiutandosi di inginocchiarsi davanti alla bramosia di potere dell’ambiguo Serse.
Pellicola che si accende quando si fa forte l’odore della battaglia: quando i nostri “Big Jim” dal mantello rosso armati di scudi e lance, si battono contro elefanti e rinoceronti dalle smisurate proporzioni, maghi muniti di pozioni-bomba e guerrieri mascherati d’argento. Il tutto incorniciato da uno sfondo funereo, nato dalla tecnica digitale del graphic novel (lo stesso di “Sin City”- 2005) e da una maestosa e “rumorosa” colonna sonora (composta da Tyler Bates) da far invidia alle più epiche battaglie raccontateci da “Il signore degli anelli”.
In un film dove ogni onore è gloria, possiamo scorgere tra le righe tanta attualità: non solo ci rivela che il popolo iraniano (seppur qui venga considerato quello antico) non ha mai smesso di vivere in guerra, ma conferma che i potenti (vecchi e nuovi), assetati di sangue e vittoria, non si curano del fatto che, sul tavolo, sono in gioco centinaia di vite umane, ma ciò che li realizza è il raggiungimento della supremazia. E poi? Una volta conquistata si sentiranno così appagati dal predominio che ne avranno di nuovo “sete”.
Pellicola che, gli iraniani, non hanno “digerito” per il modo brutale con il quale vengono rappresentati, dimenticando che la disumanità non sta sui loro volti, ma in tutti quei corpi lasciati morire per una guerra che non avrà mai fine.
Infine, acclamazione inevitabile per la regina Gorgo (interpretata da Lena Headey) che con lo stesso coraggio del marito, affronta l’arroganza di chi si crede più forte solo perché uomo.

    • “Torna con il tuo scudo, o sopra di esso” – Gorgo (Lena Headey) al marito Leonida(Gerard Butler).
    • “Immortali, metteremo alla prova il loro nome!” - Leonida (Gerard Butler) al suo esercito.
    • “Non cedete loro niente ma prendete loro tutto!” altro grido do battaglia di Leonida.
    • Persiano “Le nostre frecce oscureranno il sole” – Spartano “Allora combatteremo all’ombra.
    • Spartano “Mio Re, è un onore morire al tuo fianco” – Re Leonida “E’un onore aver vissuto al tuo”.


Titolo originale: 300
Titolo italiano: 300
Data di uscita (in Italia): 23 Marzo 2007
Genere: Azione, Avventura
Durata: 118'
Regia: Zack Snyder
Da vedere: per chi vive sempre "in battaglia" e che non sempre raggiungono il trionfo. Glorioso.

lunedì 9 aprile 2007

Non solo cinema...


Apro una piccola (ma così grande che non può essere che spalancata) finestra, sui telefilm alla tv
E considerato che, questo blog, ha bisogno di sola aria buona, prenderò in esame non I telefilm ma IL telefilm, quello che mi fa utilizzare il telecomando una sola volta, per sintonizzarmi sul canale giusto, senza il desiderio irrefrenabile di afferrarlo e scagliarlo- modello frisbee- contro quella “scatola” che, se la chiamano “spazzatura” ci sarà un perché, ha rarissimi cult che vale la pena salvare dall’estinzione.
La passione per il Dottore più cinico ed insopportabile (ma non arriveremmo ad amarlo tanto, se così non fosse) del globo nasce per caso, in una sera nel quale non avevo un buon libro da leggere, un gioco della play station in cui cimentarmi o qualche sito internet così interessante da perderci delle ore, non avevo nulla al di fuori di quel dannato “contenitore di rifiuti”. Presa dallo sconforto più totale nel quale quella costrizione mi ci aveva portato, ho acceso il televisore (Italia Uno) ed un uomo con barba incolta e grandi occhi azzurri, zoppo e pure senza camice pretendeva di avere ragione su una diagnosi ad un paziente che nemmeno aveva visto e visitato.
Ebbene, da quel giorno, Gregory House è semplicemente entrato a far parte dei Mercoledì sera (poi spostato al Venerdì), dei più grandi attori della mia parade e della mia collezione di Dvd.
Se un medico del genere si presentasse sul pianeta terra, vi affidereste alle sue cure? Pochi amici (solo il collega Wilson, che ultimamente, però, sembra aver iniziato a vacillare), un divorzio alle spalle, scorbutico, schizzinoso nel contatto umano, gentilezza dimenticata in chissà quale libro universitario, un sarcasmo senza precedenti… eppure, con un talento professionale- e non parlo solo di finzione- da far invidia ai migliori medici (sto considerando il mondo intero, dato che le vicissitudini più recenti confermano che in Italia, per quanto concerne la sanità…). E’proprio l’irraggiungibile ingegno (con buona dose di sregolatezza) a tener in piedi la carriera di House (un medico del genere, in condizioni normali, avrebbe avuto molti più nemici pericolosamente minacciosi) che, insieme alla sua equipe (i dottori Cameron, Chase e Foreman), si imbatte in casi sempre più complessi, insoliti e che nel mondo reale ci vorrebbero stagioni (ed anche se non ci sono quasi più, pure le mezze stagioni) per risolverli (ma probabilmente sarebbe anche troppo tardi).
Ho spesso sentito criticare il fatto che ogni puntata assomiglia alla precedente, che House è esageratamente senza “macchia” e che con il trascorrere degli episodi i casi alla fine si ripetono cadendo inevitabilmente nell’ovvietà e nel soporifero.
Vi assicuro (e con me, qualsiasi altro “paziente”- permettetemi l’ironia contagiosa di House- fedele spettatore) che non è così, soprattutto nella III serie (che riprenderà a Settembre) quando ci si accorge che i colpi di scena sono ormai incontrollabili.
Per perdere la testa- senza più speranza di ritorno (come è accaduto a me)- per l’intero ospedale diretto dalla remissiva Cuddy sarebbe necessario seguire ogni episodio a partire dalla genesi (per poter conoscere ed apprezzare maggiormente le storie di vita di ognuno dei protagonisti- e perché no, affezionarsi ad uno di loro) quando “Dottor Hose Medical Division” non sapeva ancora con quanto (meritato) entusiasmo sarebbe stato accolto in mondovisione.

La grande cosa della vita é che ha le sue qualità.
(Dr. Gregory House - Hugh Laurie)

venerdì 6 aprile 2007

Una pessima reputazione... per Craig

Le passate interpretazioni di Daniel confermano quanto, vestire quello smoking di Bond (“Era come un guanto”- ha dichiarato), sia stata una svolta non indifferente alla sua carriera, abituato ad impersonare ruoli “scomodi” (sarà anche in questo la sua bellezza? Basta bravi ragazzi!Sguardo “spietato” e lineamenti tutt’altro che gentili… lo rendono specialmente diverso).
Infamous – Una pessima reputazione” (in uscita il 12 Gennaio 2007) ci racconta ,dagli occhi di Douglas McGrath (regista/sceneggiatore), la vita dello scrittore Truman Capote. Questa pellicola esce, quasi in contemporanea, con “Capote – A sangue freddo”: ci si chiede, allora, se il cinema non abbia più storie da raccontarci. Non è così, “Infamous” non assomiglia a nessun altro: non prende in considerazione la nascita di un brillante giornalista e scrittore (reso famoso da “Colazione da Tiffany”), ma la qualità di questa pellicola sta nel trasmettere in modo naturale i sentimenti, quelli difficili e tormentati, di un uomo che voleva far di sé un mito, ma che inevitabilmente si è piegato all’ovvietà (di cosa?) dell’amore (?).
Veniamo al film: può, una pellicola, avere senso solo ad un’ora dall’inizio? E se questo senso coincide con l’ingresso in scena di un irriconoscibile Daniel Craig (capello castano con lenti scure)? Guardare la pellicola per crederci: ho messo da parte il mio amore per lui e vi scrivo con una attendibile imparzialità (almeno per ora). La trama, si piega verso emozioni incontrollate solo a metà tempo. Ma ne vale la pena.
Il film, può essere scomposto in due sfaccettature che non solo l’intervallo separa fisicamente: l’una, la prima, si snoda come un comune film biografico: raccontandoci di una quotidianità colma di serate chic con politici ed intellettuali di una certa elite, di stravaganza e superiorità (tratta, non solo i suoi personaggi, ma anche chi gli sta intorno come esseri inferiori alla sua maestosa eleganza) che lo rendono invincibile a qualsiasi emotività. Prima parte che mette alla luce lo straordinario talento di Toby Jones nei panni di Truman- che mesi dopo l’uscita del film dichiarò: “Non avrei mai immaginato di baciare James Bond. Non è stato male. E spero di essere il primo di una lunga serie”.
E’ il seguito che, oltre a cambiare per sempre le sorti del protagonista, prende un ritmo assolutamente diverso e più interessante: correndo parallelamente a quello di un thriller.
Capote, apprende dai giornali, di un quadruplo omicidio di una ricca famiglia (i Clutter) del Kansas. Decide così di partire, insieme all’amica di infanzia Herper Lee (Sandra Bullock), interessandosi al caso come prossima trama del suo romanzo. Non senza difficoltà, inizia una serie di ricerche su un caso che però resta irrisolto per molto tempo. Quando i killer (già perché, sono due) vengono catturati, Truman desidera relazionarsi con loro affinché il suo libro prenda una piega completamente conforme alla verità. Il primo dei due (Dick), sembra piuttosto loquace, caratteristica troppo comune e che quindi lo rende poco interessante. Il secondo, Perry Smith, è un uomo silenzioso, freddo (“delicatezza e brutalità fianco a fianco dentro di sé”- lo descrive lo scrittore con parole mai più consone al soggetto) e chiuso nel suo piccolo mondo che non sembra essere solo di mura e sbarre.
Questo attrae molto la curiosità artistica di Capote che cerca in tutti i modi di avvicinarsi a lui. Non essendo semplice, Truman, propone dapprima un rapporto epistolare e, per permettergli di conoscerlo meglio, fa il gesto più ovvio per uno scrittore: regala a Smith i suoi romanzi (una passione per il detenuto). Quest’ultimo, però, risponde a Truman con un secco “Sei bravo, ma manca la delicatezza”; frase che, per uno abituato alle lodi degli amici, rimane inebetito (e lo congeda con un”Una cosa inaudita, ti senti dire che il tuo lavoro manca di delicatezza, da uno che ne ha uccisi 4!"). Dopo questo episodio, lo scrittore decide che è arrivato il momento di guardarsi da vicino, importante che vi presenti questo scambio (dolce e crudo) di battute:
Truman: “Senti, ho dedicato tutta la mia vita a un solo scopo: la creazione di una grande opera d’arte”. – Perry, sorride – Truman: ”Non ridere di me” – Perry: “Per tutta la vita non ho voluto altro che creare un’opera d’arte. Cantavo e nessuno ascoltava. Dipingevo e nessuno guardava. Ora, io e Dick, abbiamo massacrato quattro persone e quale sarà il risultato? Un’opera d’arte. Se devo aprire il mio cuore per te, devo essere sicuro che lo faccio con qualcuno che lo sa ascoltare. Non la sai scrivere la mia storia!” – dice tutto questo con un’espressione sul volto che racchiude tutto il suo ingegno.
Ed invece, da questo pensiero, nasce una delle più belle storie al quale (da spettatrice) abbia mai assistito: vera, perché unica. Pulita, perché i due sono in grado di essere sé stessi solo insieme. Dolorosa, perché il destino ha voluto che il motivo che li ha uniti, li portasse insieme anche alla separazione. Rapporto che avrà fine (o inizio?) nella scoperta dell’amore di uno per l’altro, in sentimenti repressi troppo a lungo (quella scena, seppur sofferta (da me), racchiude la professionalità dei due attori). Un film che merita occhi e cuore, soprattutto negli ultimi istanti (la scena- di fortissima tensione- all’interno della cella, quando Perry pretende spiegazioni sul titolo del libro, tende qualsiasi muscolo rilassato), reso solido dalla bravura (indiscutibile ed oggettiva) dei due protagonisti.
Una storia bellissima, piena di disperazione ed angoscia, e che vuole solo raccontarci perché Truman non ha mai più voluto immergersi in altri romanzi (solo una raccolta di racconti e un romanzo rimasto incompiuto): inutile cercare altrove, l’amore lasciato tra le righe di quel “A sangue freddo”, era l’unico che potesse provare la sua “umanità”.

Titolo originale: Infamous
Titolo italiano: Una pessima reputazione
Data di uscita (in Italia): 12 Gennaio 2007
Genere: Biografico, Drammatico
Durata: 118'
Regia: Douglas McGrath
Da vedere: per chi non conosce lo scrittore Truman Capote e per chi vive un amore difficile. Sincero.

lunedì 2 aprile 2007

Un po' di poesia...


Mi emoziona tutto ciò che gli appartiene: qualsiasi aggettivo che possa descriverlo, ogni sua parola detta o scritta, qualunque film abbia interpretato, la capacità di essere sempre grande sia quando ci commuove sia quando ci fa sorridere, ma sopratutto quel suo modo inconfondibile di trasmetterci la semplicità... di amare. Sei grande Roberto...


"Su su... svelti eh, svelti, veloci... Piano, con calma. Non v'affrettate,eh.
Poi non scrivete subito poesie d'amore, eh! Che sono le più difficili
aspettate almeno almeno un'ottantina d'anni eh... Scrivetele su un altro
argomento, che ne so su... su... il mare, il vento, un termosifone, un tram in
ritardo, ecco, che non esiste una cosa più poetica di un'altra, eh?
Avete capito? La poesia non è fuori, è dentro!
Cos'è la poesia? Non chiedermelo più, guardati nello specchio: la poesia
sei tu! E vestitele bene le poesie! Cercate bene le parole! Dovete sceglierle!
A volte ci vogliono 8 mesi per trovare una parola!
Sceglietele, che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere! Da Adamo ed Eva: lo sapete Eva quanto c'ha messo prima di scegliere la foglia di fico giusta? Come mi sta questa, come mi sta questa, come mi sta questa...
Ha spogliato tutti i fichi del paradiso terrestre!
Innammoratevi! Se non vi innammorate è tutto morto! Morto, tutto è... Vi dovete innammorare e diventa tutto vivo, si muove tutto, dilapidate la gioia! Sperperate l'allegria! Siate tristi e taciturni con esuberanza! Fate soffiare in faccia alla gente la felicità! E come si fa?
Fammi vedere gli appunti che mi son scordato!
Questo è quello che dovete fare!
Non son riuscito a leggerli!
Per trasmettere la felicità bisogna essere felici. E per trasmettere il
dolore bisogna essere felici. Siate felici! Dovete patire, stare male, soffrire, non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre! Eh? E se non avete i mezzi non vi
preoccupate, tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto!
Avete capito? E non cercate la novità, la novità è la cosa più vecchia che ci sia.
E se il pezzo non vi viene da questa posizione, da questa, da così, beh... buttatevi in terra! Mettetevi così! Eccolo qua... Oh! È da distesi che si vede il cielo!
Guarda che bellezza, perchè non mi ci sono messo prima!? Cosa guardate? I poeti non guardano, vedono! Fatevi obbedire dalle parole! Se la parola... "muro"! "Muro" non ti dà retta... non usatela più per 8 anni, così impara!
Che è questo? Boh! Non lo so!
Questa è la bellezza! Come quei versi là, che voglio che rimangano scritti lì per sempre!
Forza cancellate tutto. Che dobbiamo cominciare, la lezione è finita.
Ciao ragazzi, ci vediamo mercoledì... giovedì."
("La tigre e la neve" - 2005)

(Attilio- Roberto Benigni- é un
professore di
lettere, cito qui l'estratto di una sua lezione.
Più che recitata é... nata dal
cuore.
Grazie a http://www.pensieriparole.it/, dal
quale mi son permessa di
prenderla).

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