sabato 31 marzo 2007

Nel magico mondo di Terabithia


Entra in sala, siedi… "chiudi gli occhi e apri bene la mente”: benvenuto a Terabithia.
Sognare ed immaginare. Il confine è così netto?
In “Un ponte per Terabithia” i due significati si fondono. Ma non solo nello stupore, nella meraviglia e nella bellezza che i due termini sottintendono. Ma anche in un dolore, così terribile proprio perché inaspettato.
Jesse Aaron (Josh Hutcherson) non è un ragazzino qualunque, di quelli che sognano davanti ai cartoni animati o alle sfide di un nuovo gioco alla Play Station, tutto ciò che desidera sembra essere solo una matita ed il suo amato libro di disegni, un talento che si porta appresso ovunque e comunque. Terzo di cinque figli (unico maschio) di una famiglia non troppo felice: con una madre occupata a badare all’ultima arrivata ed ai conti che non tornano mai, un padre impegnato nel lavoro al negozio e alla sua serra, le due sorelle maggiori che sembrano trarre soddisfazioni solo dai programmi pomeridiani alla tv ed una sorellina inizialmente invadente ma che poi si rivelerà una dolce sorpresa. Nessuno di questi sembra essersi accorto del disagio di Jesse, del suo estro verso l’arte e della sua ombra di malinconia. Nessuno tranne Leslie Burke (Annasophia Robb – già vista in “La fabbrica di cioccolato” - 2005 - dove interpreta un’antipatica visitatrice dal caratterino altezzoso e l’inseparabile gomma da masticare, qui completamente trasformata- e meno male!), nuova compagna di classe, ma anche vicina di casa, unica figlia di due ricchi autori di romanzi. Leslie percepisce subito che tra i due c’è una sintonia speciale e, dopo vari approcci per nulla semplici, riesce ad invadere la solitudine di Jesse. Nasce, così, un’amicizia meravigliosa, colma di tenerezza e sincerità. Sarà proprio il comune desiderio di evadere da un mondo così banale a fargli scoprire (o immaginare?) il magico mondo di Terabithia, nascosto tra boschi incantevoli che circondano le due abitazioni. Un mondo del quale inizialmente prende parte solo Leslie, ma che poi inevitabilmente finisce per affascinare Jesse ed un po’ anche noi. Un luogo di guerrieri piccoli e volanti, di personaggi giganti e che soffrono il solletico, di nemici a metà fra scoiattoli e castori, di aquile che sganciano pigne- granata, di case sugli alberi (quanto l’ho sognata da bambina), di creature del male (per ricordarci che l’ingiustizia è capace di arrivare ovunque, invadendo anche la fantasia). Insomma un posto lontano ma non così tanto complicato da raggiungere, è necessaria solo “una buona mente aperta”.
Ed a proposito di ingegno: il film nasce dai creatori di “Le cronache di Narnia” – 2005 (una storia meravigliosa, dai contorni magici) e dai curatori degli effetti speciali de “Il signore degli anelli”; proprio per queste scelte tecniche, non da poco, lo spettatore (me compresa) è convinto di assistere ad una pellicola di soli sogni e magia. Nient’affatto. Con un colpo di scena di un’amarezza indescrivibile (per i più sensibili tocca così intensamente da strappare qualche lacrima), ma a mio avviso pensato in modo profondamente intelligente, il pubblico (spero di non troppi bimbi che si immaginano i leoni eroi ed il trionfo del bene, di Narnia) dopo tutta questa fantasia illusoria (senza mai dimenticare che è necessaria) ci pone di fronte ad una riflessione: quanto é importante vivere i rapporti umani, gustarne ogni piccolo istante seppur apparentemente insignificante. Niente ha un’importanza minore.
Un ponte per Terabithia” ci insegna a pensare che non bisogna mai smettere di sognare- o immaginare?- (e quante volte ce lo vogliono dire? Ma non sembra mai abbastanza) e che, affinché questo sogno abbia “respiro” nel corso del tempo, è necessario condividerlo con le persone giuste.
Eccovi qualche frase che ho colto e che mi è arrivata al cuore:
"La possibilità migliore della vita é quella di fare un lavoro utile".
"Non credo che Dio ci manderà all'inferno, ha da fare con tutto questo..." - indicando il paesaggio che ha di fronte.
"E'stata speciale fin dal primo momento per te. Fa tesoro di ciò che ti ha dato, così continuerà a vivere".
("Un ponte per Terabithia" - 2007)


Titolo originale: Bridge to Terabithia
Titolo italiano: Un ponte per Terabithia
Data di uscita (in Italia): 30 Marzo 2007
Genere: Avventura, Fantastico
Durata: 94'
Regia: Gabor Csupo
Da vedere: per chi, ai sogni, ama dare un senso. Inaspettatamente toccante.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

il film è stato veramente bellissimo. parla di un'amicizia davvero profonda e semplice tra due ragazzini, Jess e Leslie, che condividono tra di loro la fantasia e una forte immanginazione che gli permette di conoscere un mondo apparentemente fuori dalla realtà. Molto commovente soprattutto nella parte finale, ma anche molto bello. Questo film colpisce proprio il cuore e devo dire che è il più bello che abbia mai visto.

Anonimo ha detto...

La fanciullezza è la stagione della vita caratterizzata da un fortissimo legame affettivo con i genitori, dalla spensieratezza (assenza di problemi) e dal gioco sia individuale che di gruppo. I genitori in questa fase della vita cercano in tutti i modi di evitare ai loro figli esperienze traumatiche e situazioni problematiche di difficile soluzione. I bambini vivono così, per lo più, una vita felice perché caratterizzata dall’assenza di problemi, che per loro vengono affrontati e risolti dagli adulti. Il legame con i genitori, il gioco spensierato sono le realtà che li rendono felici, ed ogni problema nel gioco può essere superato con l'immaginazione.
Con l’arrivo della preadolescenza, diventando più consapevoli, i bambini ora cresciuti conoscono e si scontrano con le situazioni problematiche della vita, ossia con quelle realtà che non sempre e non subito appaiono superabili. Gli adulti ora cambiano ruolo e anziché coprire e nascondere i problemi, cercano di affiancare i ragazzi, incoraggiandoli ad affrontare la vita con tutte le sue contraddizioni e difficoltà. Ciò consente ai bambini divenuti preadolescenti la sperimentazione di un altro tipo di felicità, che non consiste più nel gioco spensierato e nel divertimento, ma che deriva invece dalla capacità di affrontare le contraddizioni della vita, senza cadere nella disperazione. È quanto accade a Jess, il protagonista del film “Un ponte per Terabithia", il quale, divenuto ormai preadolescente, si trova ad affrontare il problema della povertà (la sua famiglia ha molti problemi economici), il problema di come affrontare le sconfitte (Leslie, una ragazza, lo vince nella gara di corsa al quale si era preparato per tutta l’estate), il problema del male morale (i bulli a scuola lo umiliano), il problema del lavoro (deve aiutare suo padre e svolgere responsabilmente dei lavoretti), il problema della sua identità e della ricerca della sua vocazione (deve scoprire chi è veramente, quali sono i suoi talenti, le sue risorse interiori e come utilizzarle per costruire la sua vita futura), il problema della solitudine e quello di vivere autentiche relazioni interpersonali (ossia come vivere il suo rapporto con Leslie, con i bulli, con le sue sorelle e con gli adulti), il problema della morte (la sua unica vera amica muore), il problema del rapporto con Dio legato in particolare al superamento del tremendo senso di colpa che prova in seguito alla morte di Leslie, della quale si sente responsabile.
La capacità di affrontare i problemi della vita avviene grazie alla scoperta della sua interiorità rappresentata nel film da Terabithia una terra isolata dove accedono esclusivamente i due protagonisti del film, che consente a Jess di trovare la forza di affrontare le difficoltà della vita senza fuggire dai problemi e senza farsene schiacciare.
(Prof. Massimo Polidori)

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