giovedì 28 febbraio 2008

... Per Un Anno In Più...

I giorni nascono tutti uguali. Viverli li rende speciali.
Vivere fa nascere dentro emozioni, rimpianti, ricordi, gioie e dolori.
Vivere e farsi vivere.
Un anno fa decisi di aprire questa "finestra sul mondo". Mondo che apparteneva soltanto a me stessa.
Oggi, questa finestra, é "occhio" di molti altri. Amici o sconosciuti. Ma comunque sguardi.
E soprattutto cuori.

Ringrazio TUTTI, ma proprio TUTTI coloro che passano di qui e respirano quest'aria di buona energia.
Chi mi ringrazia ogni giorno. Chi mi aiuta a crederci. Chi mi critica. Chi mi dà una mano a crescere. Anche a chi non lascia parole, ma solo ombre.
A tutti voi va la mia immensa riconoscenza. Nella speranza di trovarvi sempre, nelle mie emozioni di spettatrice.

Infine, un pensiero a chi mi ha dato la forza per compiere il primo passo. Senza di lui, questo mondo, non esisterebbe. (Né avrei avuto la possibilità di "sfiorare" chi vi passa attraverso).
Alla prossima emozione... senza mai smettere di guardare ed ascoltare...

Con affetto

lunedì 25 febbraio 2008

La notte dei fratelli Coen

Miglior film, migliore regia, migliore sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista (Javier Bardem).

"Non è un paese per vecchi" ha più di un motivo per essere considerato imperdibile.

E non solo per questa notte magica...

"Qual è la scommessa più grossa che hai perso a testa o croce?"
"Bè devo sapere cosa posso vincere"
"Tutto. Scegli"

venerdì 15 febbraio 2008

Hostess Required (!)


Analizzando la mia (breve, naturalmente) carriera di “critica”, credo di non essermi mai sentita così a disagio davanti ad un nuovo lavoro. Ovvio, rappresentare emozioni è sempre difficile ma in questa circostanza, vi assicuro, le fantomatiche sette camicie non sono sufficienti.
“Irina Palm” è un circondario di sfumature e davanti a queste, non so quali raccontarvi. I confini sono così sottili che non sono capace di distinguere né i colori, ne le gradazioni. Sarebbe molto più semplice (se fosse possibile) raccogliere ciascuna delle sensazioni provate ieri (le ho lasciate tutte in quella sala) e spiaccicarvele su questo display come fossero postic.
Non le capireste nemmeno in quest’ultimo caso. E’ solo che Irina, stordisce. Rende dolce l’amaro, e viceversa. Si parla di grigio, ma senza mai mostrarlo per davvero. Piuttosto è un’alternarsi di bianco e di nero. Di fatto, Maggie è una nonna dolce e premurosa in cerca del denaro necessario per pagare le cure al nipote in fin di vita. A seguito di vani tentativi, trova un cartello (“Cercasi Hostess”) davanti ad un locale (un sex club). Qui, entrano in gioco “le morbide mani” di Irina Palm (non più Maggie). Mani che possono arrivare a valere anche 800 sterline a settimana. Mani capaci di far felice una moltitudine di uomini… in cerca di piacere.
E’ a questo punto che i confini si fondono. E con loro, anche ogni logica. Il film, attraversa così territori “spinti” senza MAI essere volgare. Non si mette mai in mostra, piuttosto rende omaggio all’immaginazione. Troppo semplice affogare nel marasma di donne nude e uomini bavosi, noi spettatori restiamo invece sull’uscio. Vediamo i contorni, sentiamo rumori, ma non attraversiamo mai la frontiera della volgarità.
Anche quel che accade in quella stanza, presto conosciuta come “il mondo di Irina Palm”, resta immune da immagini grossolane. Dapprima ci viene mostrato come Maggie sfida l’imbarazzo e si avvicina a questo mondo di “vizi e piaceri” (solo maschili), e soltanto poi l’occhio scavalca il muro divisorio, e ci presenta (sempre “educatamente”) l’altro lato della medaglia. Avvicinarsi per gradi, e non con la foga di far conoscere, soffoca le malizie. La pellicola non è un viaggio nell’hard, ma nel personaggio di Maggie, una meravigliosa Marianne Faithfull. Un percorso così profondo e dolce, che impariamo ad interpretare con ogni ruga di espressione di Maggie/Irina. Dunque, dicevo che i confini si dissolvono ed è vero anche per le distanze. Personaggio e spettatore, per esempio. Quando Maggie accetta questo mestiere, ci sembra la scelta giusta. Quando il figlio Tom (Kevin Bishop), le vomita addosso la sua vergogna (interpretazione magistrale, in quest’occasione), ci sembra di vivere personalmente quello schiaffo. O meglio, porgiamo l’altra guancia, pur di non vedere la sofferenza negli occhi della protagonista (occhi che parlano, grandi e profondi).
Conquista anche il personaggio di Mikky (Miki Manojlovic), il proprietario del locale. Un uomo apparentemente rude e distaccato che troverà in Maggie una femminilità limpida, non “materialista” come quella a cui è abituato ogni giorno. Il loro rapporto, ci intenerisce sino alla commozione.
Insomma, Maggie/Irina è capace di sorprenderci, commuoverci e divertirci tantissimo. La volgarità delle sue azioni diventano abitudine anche per noi e non solo la vediamo impossessarsi del suo mestiere (rendendolo anche “personale”) ma anche mutare sotto i nostri occhi. Da donna sola, succube della realtà che la vita le ha dato, diventa accattivante e sicura di sé. Sfrontatezza che sfoggia dinanzi al mondo avverso, a partire dalle “amiche” con le quali condivide tè e pettegolezzi. Memorabile la scena della confessione di Maggie alle tre “compagne di merende”: le espressioni sui loro volti strappano ovazioni in sala.
E sono veramente felice che al termine della proiezione, dalle retrovie, sia partito un timido e spontaneo applauso. Scommetto che ad acclamare erano solo donne.
Brava, Irina. Un coraggio dal cuore di nonna.
Trama
Maggie (Marianne Faithfull) è una dolce nonna che ogni giorno va a trovare il nipotino, affetto da una rara malattia, all’ospedale. Quando i medici la informano che l’ultima speranza di tenerlo in vita è una cura reperibile solo in Australia, la donna si mette alla ricerca di un lavoro. A causa dell’età, però, trovare un impiego sembra un’impresa titanica. Quando tutto il possibile sembra essere stato fatto, Maggie si imbatte fortuitamente in un cartello affisso davanti ad un locale: “Cercasi Hostess”. Il proprietario (Miki Manojlovic), le spiega che in realtà si tratta di un “eufemismo” e considerata l’età attempata non è idonea per quel mestiere. Ma studiandole le mani le offre un altro “lavoretto” che potrebbe fruttarle moltissimi soldi. Presa dallo sconforto, la donna si vedrà disposta a fare qualsiasi cosa, pur di dare una speranza al suo amato nipote.

Citazioni
- Mikky (Miki Manojlovic) "Lo sai cosa fa un'hostess?" - Maggie (Marianne Faithfull) "Più o meno..." - Mikky "Che tipo di "più o meno"?"
- Mikky "Sai che vuol dire "eufemismo"? - Maggie "No" - Mikky "Neanche io, fino a quando non me l'ha spiegato il mio avvocato"
- Mikky "Hanno 5 o 6 minuti a disposizione, poi premi questo pulsante a destra se loro "non vengono"... vengo io"
- Maggie/Irina Palm "Eccomi qui, la "vedova delle seghe""
- Maggie "Leggono Irina e pensano a... una giovane, non ad una vecchia carampana"
- Maggie/Irina "I tennisti hanno il gomito da tennista, noi quello da seghista"
- Maggie "Io sono questo per te, un affare"
- Maggie "E come sei finito in tutto questo casino?" - Mikky "Odio essere povero"
- Maggie/Irina "Sono Irina Palm, LA MIGLIORE"

Carta d'identità
Titolo originale: Irina Palm
Titolo italiano: Irina Palm
Data di uscita (in Italia): 06 Dicembre 2007
Genere: Drammatico
Durata: 103'
Regia: Sam Garbarski
Cast: Marianne Faithfull, Miki Manojlovic, Kevin Bishop, Siobhan Hewlett, Corey Burke, Dorka Gryllus, Steve Kingett, Tim Plester
Da vedere: un film che diverte e fa riflettere con stile. Curioso.

giovedì 14 febbraio 2008

Calma Apparente


PREMESSA IMPORTANTE: vedere un film è scegliere. Scegliere in che modo (e se) emozionarsi, annoiarsi, divertirsi. E’ vivere e viversi dentro. Sedersi in sala ed aspettare che le sensazioni arrivino da sole, non è però schierarsi. Non è prediligere un colore (il rosso, il nero, i verdi), una posizione (destra, sinistra, centro), un leader. E’ passione. E l’amore per qualcosa non ha logiche. Solo mente, occhi e cuore.

Non amo Nanni Moretti. Per nulla. Non mi piace come recita, come si pone, non apprezzo il modo in cui trasmette le sue emozioni. Sembra sempre voler anteporre il concetto di politicità a quello di umanità. Che tenti di strumentalizzare il cinema, per dire qualcosa di quasi completamente estraneo ad esso. Non lo stimo, né da uomo né da interprete. Ma…
Non accetto nemmeno la lentezza. Un film deve avere un filo dinamico, i suoi repentini cambi di scena, i dialoghi pungenti. Eppure…
“Caos Calmo” ha Nanni Moretti (attore, non regista) e non lo si può certo definire come film “in movimento”. Ma l’ho scelto e ne sono compiaciuta. Un film bellissimo.
La trama si snoda intorno al tema della perdita. Come affrontare la morte improvvisa di una persona vicina? Come fronteggiare il silenzio, che sembra essere l’unico in grado di restituire per davvero il dolore? Con quali parole, gesti, silenzi stare vicino alla propria figlia, trovatasi improvvisamente senza madre?
Un rifugio. Questo rappresenta la panchina di Pietro (Nanni Moretti) davanti alla scuola della piccola Claudia (Blu Di Martino), sua unica figlia. Non un oggetto. Non un appoggio soltanto fisico. Ma vissuto nella sua profondità, nella sua dimensione. Desiderare un riparo ma non come un allontanamento dalla realtà, ma il convivere con essa. Separarsi dalla routine, oramai parte integrante della vita tanto da venir metabolizzata senza emozioni, e avvicinarsi alla quotidianità degli altri. Passanti che con il trascorrere dei giorni diverranno lancette capaci di scandire il tempo e ridare a lui un senso. I loro sguardi, attraverseranno anche la nostra anima, non solo quella del protagonista. Il bambino down, la misteriosa ragazza (alla fine scopriremo che è Jolanda - Kasia Smutniak) con il cane, i genitori, gli insegnanti. Tutti così occupati a vivere le proprie quotidianità, presi dalla frenesia del tempo che corre, da avvertire quasi immediatamente la presenza di quell’uomo solo. Unico elemento immobile dinanzi a tanta foga.
E’ così che si sviluppa la bellezza della pellicola. Sconosciuti che diventano quotidianità. Gli sguardi distratti e malinconici di uno straordinario Nanni Moretti, che si fanno via via intensi ed autentici.
La personalità di Pietro, la conosciamo lentamente. Dapprima da uomo solo e successivamente attraverso i rapporti con la figlia, gli amici, i colleghi, che uno ad uno vengono a conoscere il suo nuovo mondo di panchine vuote e amici sconosciuti.
E allora ricordando un cast assortito ma accuratamente scelto, citiamo: un fragilissimo Silvio Orlando (è Samuele, il collega di lavoro di Pietro), una squilibrata Valeria Golino (è Marta, la cognata), passando per il divo Alessandro Gassman (Carlo, il fratello stilista), la naturalezza e l’ingenuità di Blu Di Martino (Claudia, la figlia), un’intrigante Isabella Ferrari (è Eleonora, pedina fondamentale seppur fortuita, nella vita di Pietro) e così via. Perle in fila indiana, unite da un filo sottilissimo e debole, a formare una collana di una bellezza che disorienta. Tutti bravissimi. Nessuno escluso.
Questa pellicola è fatta di immagini forti, non ha bisogno di dialoghi particolari o impegnativi, ma trova la giusta lealtà in momenti di largo respiro: il disperato pianto di Pietro (lacrime rumorose, che fanno male. Capaci di rendere umana una personalità così fredda –a mio avviso- come quella di Moretti. Un frangente di un’intensità ragguardevole), oppure il calore ricercato in un abbraccio, sebbene ve ne siano di molti (e dai significati differenti), non rischiano di affondare nell’eccesso. Appaiono sempre sinceri, spontanei e calorosi.
Un film che mi ha fatto riflettere sul concetto di sofferenza. Non l’avevo mai considerata come vero e proprio sentimento, piuttosto come una condizione. Invece, ho compreso che non solo coinvolge chi ci sta intorno, ma anche la nostra intima sfera emotiva. E sa essere trascinante anche più dell’amore. Il dolore è personale, ognuno lo vive e lo manifesta a suo modo.
Un film che a tratti ci appare stravagante, ma che invece non dà spazio alle coincidenze. L’elenco mentale del protagonista, per esempio. Un modo per distaccarsi dal mondo, di estraniarsi dalle sofferenze, una barriera di difesa apparentemente insormontabile, che ha inizio con una lista di “linee aeree” con cui Pietro ha volato, per poi considerare le “case abitate” nel corso degli anni e di nuovo arrendersi all’evidente sofferenza, catalogando “le abitudini che non conosceva” della moglie e che riscopre solo quando lei non c’è più. Come se dedicarsi a lei, più di quanto non lo facesse prima della sua morte, lo aiutasse a fare pace con la sua coscienza, il suo dolore, il suo egoismo.
Quando si perde una persona, ci si rende conto di quanto ha dato.
E’ un film vero, di sentimenti puri. Trasparenti, come l’amore che Fossati canta nei titoli di coda:
“Non vergognarsi della propria malinconia
è un compito penoso anzi uno strazio.
L'amore trasparente non so cosa sia
[ …]
Nemmeno un gesto nemmeno lasciamo andare
meglio di chi improvvisa a malincuore
meglio di chi improvvisa senza amare.
[ …]
ti ho dormito accanto e mi hai lasciato andare
sarà anche il gioco della vita ma che dolore”

SCENA HARD: a proposito di fotogrammi eloquenti, spezzo una lancia a favore della scena “piccante”, così discussa in ogni dove. Scommetto che se i due protagonisti fossero stati, che so (cito a caso) Brad Pitt e Angiolina Jolie, la scena avrebbe avuto un riscontro positivo universale. Non nego la titubanza iniziale, ma quando da scettica ne sono diventata spettatrice, non ho avuto altra scelta che emozionarmi: mi sono sentita coinvolta in modo completo. Non è, infatti, solo fisicità ma un coinvolgimento emotivo e profondo. Un unione di anime e sofferenze. Come scritto precedentemente, in questa pellicola nulla è lasciato al caso.

Trama
Pietro, si trova improvvisamente di fronte ad un grande dolore: quello della prematura scomparsa della moglie. Dovrà affrontare, non solo il dolore in comunione con la piccola figlia Claudia, parenti e amici, ma anche con sé stesso. Una panchina, di fronte alla scuola della figlia, diventerà il suo rifugio di pace, il suo luogo di lavoro e centro di nuovi incontri.

Citazioni
- (Marta) Valeria Golino "Una maga le ha detto che sarebbe morta senza un uomo, come è sempre stata"
- Pietro (Nanni Moretti) "Che significa perfetta?" - Claudia (Blu Di Martino) "Perfetta, in senso assoluto"
- Claudia "Sai cosa mi ha fatto più impressione in tutta la mia vita? Sapere che la nonna era anche tua mamma"
- Pietro "Carlo, io non sto soffrendo" - Carlo (Alessandro Gassman) "E allora perchè stai seduto qui?" - Pietro "Perchè ci sto bene"
- Pietro "Se Claudia non soffre, è perchè forse io non soffro abbastanza"

Carta d'identità
Titolo italiano: Caos calmo
Data di uscita (in Italia): 08 Febbraio 2008
Genere: Drammatico
Durata: 112'
Regia: Antonio Luigi Grimaldi
Cast: Nanni Moretti, Valeria Golino, Alessandro Gassman, Isabella Ferrari, Blu Di Martino, Silvio Orlando, Hippolyte Girardot, Charles Berling, Roberto Nobile, Kasia Smutniak, Blu Yoshimi
Da vedere: di fronte a tanta “amarezza”, almeno in sala, si sente il bisogno di un po’ di “miele”. Dolce.

martedì 5 febbraio 2008

Attraversando il confine...


… tornare indietro non si può. E’ il limite del nostro vivere. Quotidianamente facciamo fronte a scelte e quando queste sono troppo importanti o difficili (molto spesso, l’una la conseguenza dell’altra), ci sembra che decidere non sia comunque sufficiente: una volta intrapresa una strada, ci guardiamo indietro rendendoci conto che ci siamo incamminati verso quella sbagliata. Fa parte della natura, scegliere senza esserne mai veramente convinti. E’ insito nell’uomo vivere di rimorsi. Se avessimo una vita parallela, o una seconda chance, sarebbe tutto molto più semplice.
Ma probabilmente non sarebbe così eccitante, vivere.
“Delitto e castigo”. Se Dostoevskij me lo consente, attribuisco questo binomio inscindibile all’ultima fatica dell’intramontabile Allen. Dove “scegliere” diviene non solo vivere, ma anche morire.
Pellicola che, francamente, non aggiunge e nulla toglie alla lunga e sorprendente carriera dell'autore newyorkese. Un po’ fiacca, per la verità. L’impressione è che qualcosa effettivamente manca: è come avere un’insalata dall’aspetto gustosissimo, ma quando l’assaggiamo ci rendiamo immediatamente conto che un condimento non è stato aggiunto. O se c’è, non nella corretta dose.
Forse lo “chef” ci ha viziati così tanto (e così a lungo) che ci sentiamo appagati solo di fronte a nuove prelibatezze. “Match Point” (che nel 2005 aveva aperto questa trilogia londinese, incentrata sui delitti apparentemente senza macchia e punizioni ineluttabili) è stato perfetto. Un thriller elegante e “nuovo”, che dopo quarant’anni di leggendarie commedie arriva a sorprendere e coinvolgere qualunque spettatore. L’anno successivo è la volta di “Scoop” che, pur sempre mantenendo il filo conduttore della logica “noir”, sembra abbandonare stile e freschezza.
L’ultimo capitolo conferma che il ghiaccio, in superficie, si è fatto troppo sottile e rischia di incrinarsi. In superficie, perché i livelli sottostanti sono comunque solidi.
Che sia frutto della mente geniale e contorta di Woody Allen se ne hanno i sentori sin dai primi minuti. E’ questo che mi seduce: la capacità di mettersi in gioco ogni volta, ma pur sempre conservando stile e grazia. L’ironia, ecco forse è lei a non venir celebrata a dovere. Ma per rendere possibile questo manca anzitutto il Woody Allen interprete. Quell’aria beffarda e sagace, nascosta dietro alle grandi lenti, manca in ogni dove. Inoltre, la pellicola è difettosa di femminilità. Quella di Scarlett Johansson, nello specifico. Hayley Atwell non mi ha trasmesso granché. Mi è parsa impassibile e poco chiara. Un vero peccato, considerato con quanta minuziosità il regista ricerca la parte femminile. La sensualità della Johansson non lascia scampo. Quando c’è incanta, quando è assente se ne percepisce la mancanza.
A tal proposito: i due protagonisti, Ian (Ewan McGregor) e Terry (Colin Farrell), sono anche il punto cardine del film. La stabilità che manca nell’intorno, trova fissa dimora nei due avventati fratelli. I “Caino e Abele” postmoderni.
Splendido Farrell. Abituati a vederlo armeggiare e picchiare duro, trovarlo impacciato e nei guai ci è utile per rafforzare l’idea del personaggio. Non ci resta che impietosirci dinanzi a quell’espressione di “cane bastonato” a fronte corrugata che regge per tutto il perdurare del film.
McGregor - che si mostra certamente meno fragile e più “spaccone”, se non altro all’apparenza – ha un ruolo decisamente differente. Delle sue debolezze ne fa virtù, e dai suoi errori ne trae vantaggio anche quando non vi sono possibilità.
Entrambi inseguono sogni alla ricerca della vita perfetta e, attraverso di essi, finiranno per passarsi la palla della coscienza. In un gioco spesso lento e poco coinvolgente, ma pur sempre affascinante.
Sembra che ad Allen la situazione gli sia leggermente sfuggita di mano. Il nocciolo della questione sembra essere andato di traverso, con il susseguirsi degli ultimi film. Ma al Grande Maestro si offre sempre un’altra possibilità. Lui, che di arrendersi al tempo, non ne ha proprio intenzione.
Resta chiaro che il nemico più forte resta sempre quello che non si vince. Allen trionfa su tutti, il solo a poterlo battere sembra essere sé stesso.
Trama
Ian (Ewan McGregor) e Terry (Colin Farrell), sono due fratelli di famiglia operaia. Il primo aiuta il padre nel ristorante di famiglia, il secondo è meccanico in un officina. Entrambi coltivano il sogno di emergere da una vita ordinaria. Ian aspira ad aprire una catena di alberghi in California, Terry invece desidera saldare i debiti di gioco, smettere con whisky e pastiglie e gestire un negozio di articoli sportivi. Quando il ricco zio, torna a Londra da un viaggio in Cina, i due fratelli si accordano per chiedergli un prestito. Saranno disposti a tutto per questa scalata sociale. Anche uccidere.

Citazioni
- "Ho esaminato la situazione e l'unica soluzione possibile è eliminarlo"
- "Non li faccio certi sogni, che li faccio a fare?"

Carta d'identità
Titolo originale: Cassandra's Dream
Titolo italiano: Sogni e delitti
Data di uscita (in Italia): Venezia 2007 (Fuori concorso) - 01 Febbraio 2008
Genere: Drammatico, Crimine
Durata: 108'
Regia: Woody Allen
Cast: Ewan McGregor, Colin Farrell, Hayley Atwell, Tom Wilkinson, Sally Hawkins, Tamzin Outhwaite, Mark Umbers, Phil Davis, John Benfield
Da vedere: perchè Woody Allen è sempre interessante, anche se in questo caso risulta, per la maggior parte, un'opera incompleta. Tentennante.

Guestbook