giovedì 17 maggio 2007

Un solo uomo può cambiare il destino…

La prima neve, i colori dei fiori in primavera, l’acqua limpida, una bella canzone… la vita è fatta di emozioni, sta a noi percepirle, correre loro incontro ed aprire le braccia in attesa che vengano a ripagarci delle attenzioni che gli diamo.
Guardare un film è uno scambio di sensazioni, lo schermo è oggetto ma racchiude vita. Tocca a noi decidere se prenderne parte oppure voltarci ed ignorarla.
Raramente mi è capitato di fingere, generalmente vengo risucchiata da quel vortice di colori, parole e note così tanto da ristabilirmi a fatica.
Coinvolta emotivamente, sì, ma mai così tanto. “Le vite degli altri” merita l’ovazione di mani pronte a cogliere qualsiasi piccola sfumatura, mani di chi ha occhi capaci di notare quel piccolo fiore in un mondo di asfalto. O se meglio desiderate, sentimento puro in un universo di odio.
Una pellicola dedicata a chi ha la capacità di “ascoltare” e “vedere”, ma per davvero. Meritava l’Oscar senza ombra di dubbio.
E la meraviglia di questo film non sta solo nella crescente emotività, ma anche nella lentezza delle sue immagini (che di solito mi irritano), nei lunghi silenzi, nella difficoltà di accettare che anche noi ci schiereremo (pur non volendolo) ma soprattutto negli occhi tristi di Ulrich Mühe, che nella sua carriera “vanta” di pochi film (il più recente, girato ben dieci anni fa). La forza di questa pellicola non è nella bravura di un attore consolidato (non ve ne sono), né di un regista affermato (è al suo primo lavoro e ha 34 anni: tanto di cappello), ma sta proprio in tutta questa innovazione. Perché le “belle cose” non ci arrivano solo dall’America. Un film che racconta la storia (esattamente quella della Germania degli anni ’80, divisa fisicamente e politicamente da un dannato muro di cemento e mattoni), ma che è capace di dare priorità ad una meno imponente. Fatta di passione, volontà e coraggio. Tre vite che si ritrovano sospese sul filo della ragione, in attesa delle decisioni che uno prenderà per l’altro.
Immensa maestria. Da mettere i brividi.
Pare che alla fine non vinca nessuno. Solo la storia con i suoi potenti. E sino a qui nulla di nuovo. Ma quando, anche l’ultima raffica del vento di guerra smette di soffiare, la timida verità come un raggio di sole si fa largo fra le nuvole e viene a scaldare la terra: il potere non è nulla davanti ad un gesto buono. O almeno così mi piace pensare. Lasciatemelo credere, sino a che è possibile.
Mi fermo qui, non spendo parole in più che potrebbero minimizzare un film di rara bellezza. Certi fotogrammi non possono essere spiegati a parole, servono occhi.

Trama
Germania. Anni ’80. Anni di politica e divisione. Due concetti che caratterizzavano una nazione senza neppure risparmiare la cultura. Poiché a quei tempi, non così remoti, chi non si atteneva alle linee del Partito era considerato colpevole. Valeva per chiunque, anche per gli artisti.
Il drammaturgo Georg Dreyman (Sebastian Koch) porta nella Berlino Est il suo nuovo spettacolo teatrale, interpretato dalla bellissima attrice (sua compagna) Christa-Maria Sieland (Martina Gedeck). Alla prima, tra il pubblico, spicca anche uno spettatore d’eccezione: il Ministro della cultura Bruno Hempf (Thomas Thieme). Estasiato dallo spettacolo stesso (e soprattutto dalla protagonista), Hempf incarica il capo della Stasi (Ministero per la Sicurezza di Stato), Anton Grubitz (Ulrich Tukur), di arruolare un suo fedele uomo per spiare la coppia e fornirgli qualche prova concreta contro lo scrittore. Suddetto compito spetta all’inflessibile agente Gerd Wiesler (Ulrich Mühe) che si vedrà responsabile dei loro destini. Ma entrare nella vita degli altri, seppur per dovere e di nascosto, significa essere spettatore di emozioni, complice di passioni, vittima di vicissitudini che, in nessun caso, ti appartengono. Riuscirà la spietata freddezza dell’agente HGW XX/7 a rimanere impassibile davanti ad una (bellissima) storia di passione e coraggio?
Un film profondamente curato nei minimi dettagli, per questo intenso: la casualità non esiste, tutto è scelto con accurata metodica. I ritmi, per esempio, notevolmente lenti all’inizio, destano irrequietezza nello spettatore: in realtà sono necessari a creare un’emotività irrefrenabile, che cresce con il susseguirsi della vicenda.
Persino gli occhi tristi di Mühe sembrano cambiare...
E tu, stai ancora dalla parte giusta?

Citazioni
- “Lo scrittore è l’ingegnere dell’anima”, è un aforisma di Josif Stalin
- “Le persone non cambiano così facilmente, succede solo nelle commedie”
- Albert Jerska (Volkmar Kleinert): “Nelle mia prossima vita voglio fare lo scrittore di successo, come te, a cui non è impedito scrivere niente. Che resta ad un regista senza film? E’ come un attore senza ruolo”
- Georg Dreyman (Sebastian Koch) suona al piano una sinfonia di Beethoven. Al termine del pezzo commenta: “Sai cosa disse Lenin ascoltando questa sinfonia? “Non devo ascoltare questa musica o non finirò la Rivoluzione” … come si fa ad ascoltare questa musica e restare cattivi?”

Carta d’identità
Titolo originale: Das Leben Der Anderen
Titolo italiano: Le vite degli altri
Data di uscita (in Italia): 06 Aprile 2007
Genere: Drammatico
Durata: 137’
Regia: Florian Henckel von Donnersmarck
Da vedere: dedicato a chi ha il “palato” fine e ha voglia di gustarsi un “sapore” nuovo. Vi anticipo che non potrete fare a meno di desiderarlo ancora. Capolavoro.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

"Ma quando, anche l’ultima raffica del vento di guerra smette di soffiare, la timida verità come un raggio di sole si fa largo fra le nuvole e viene a scaldare la terra: il potere non è nulla davanti ad un gesto buono."

sono molto d'accordo con te. a volte la razionalità rovina la visione di certi aspetti nei film. tanto di plauso a come te riesce a vedere oltre le cose superficiali e che a molti altri sembrerebbero banali, ma a volte sono le cose semplici che non sappiamo vedere, bombardati da una società che ci spinge sempre oltre, ma per cosa?

Chiara ha detto...

Non basterebbe un solo post a spiegare (o almeno tentare di farlo) come e verso "cosa" la società in cui viviamo si sta proiettando. A volte, tutto accade così velocemente, che non facciamo in tempo ad accorgerci. E purtroppo ci sfuggono le "cose" più umili, ma che sino a ieri non ne potevamo fare a meno. Come trasmettere, per esempio.
Meno male c'è il cinema. Non tutto, ma film come questo sì.
Continua ad esserci e a condividere. Nulla é più bello.
Grazie del pensiero, un abbraccio.

domenico ha detto...

capolavoro secco, era da tempo che non vedevo un film simile

FiliÞþØ ha detto...

finalmente sono riuscito a vederlo...mi è molto piaciuto...prossimamente lo posto...complimenti per la tua approfondita analisi che condivido pienamente...

ciao

Chiara ha detto...

Questo film mette d'accordo tutti. Capolavoro é l'unica definizione che puo' racchiudere tutte le vostre belle recensioni... o quelle che arriveranno.
A presto...

Anonimo ha detto...

mi sono ripromessa di non usare la parola capolavoro. Ma con questo film sono fortemente tentata. L'ho visto la settimana scorsa e mi ha stupito davvero. Fantastico.

Anonimo ha detto...

Il film è un capolavoro ASSOLUTO, davvero perfetto sotto ogni aspetto. Comprese, come hai sottolineato tu, le sue lentezze che diventano parte integrante dell'insieme.
Altrettanto bella la tua recensione, riesci sempre a trasmettere ciò che il film ti dona, ed è un dono tanto prezioso quanto raro.

Infine consentimi una piccola nota: è vero che non "vince" nessuno dei tre protagonisti, ma non concordo totalmente che "vinca" la storia coi suoi potenti.
Certo importanti, ma senza la spinta "dal basso" della gente probabilmente molti fatti di rilevanza storica (su tutti la riunificazione delle due Germanie) probabilmente non sarebbero accaduti. O almeno non in quel modo.

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