domenica 5 aprile 2009

Emozioni a sei corde


C’è e si percepisce una perfetta mescolanza di passione, intelligenza e raffinatezza. Debutto con “Arrowhead” del maestoso Michael Hedges, tanto per ricordare che qualunque arte individuale prende vita dalle grandi emozioni, seguita da un tributo legittimo ad “Anima Meccanica” album d’esordio in uscita a Maggio.
Giovanni Baglioni ha 26 anni ma ha già l’abilità dell’artista consapevole, capace di intrattenere un pubblico eterogeneo, a tratti ammaliare anche orecchie inesperte e altresì mantenere l’umiltà di esordiente.
Giovanni ha la saggezza di introdurre ogni suo brano con una breve cronistoria legata all’origine di ciascuno, preparando lo spettatore ad una particolare sensazione. Come se, le parole, fossero utili a disegnare un contorno, ma solo le note fossero in grado di riempirlo di colori e sfumature donandogli il confacente significato. Primo su tutti è, senza dubbio, “Anima Meccanica”, un brano suggestivo, scandito da ritmicità differenti consone alla “vita” quotidiana di un grande orologio. Come l’evocativo “Rubik”, un mosaico di tasselli musicali tanto differenti quanto curiosamente complementari.
Il sentore di un’atmosfera seducente sulle note di “Sirena” e profondamente intima in “Dalla Cenere”, catturano, incantano e trascinano. L’abilità di Giovanni sta in questo ricreare atmosfere differenti, ricche di significato, entrando in perfetta armonia con la sua chitarra: gli occhi spesso chiusi sono sinonimo di concentrazione ed intensità, come le sue movenze indicano un coinvolgimento universale capace di prendere vita dalle corde sino a raggiungere l’intimità dello spettatore.
Il racconto a cui sono particolarmente legata è quello di presentazione per “Quando Cade Una Stella”, uno dei pezzi che mi somiglia di più; malinconico e riflessivo, racconta il ricordo di un Amore importante e finito, ma così intenso da vincere il tempo.
Accade di sconfinare anche verso sonorità vagamente funky con uno dei miei due brani preferiti, “Bloody Finger” senza il timore di eccedere a cadenze ritmate e dinamiche come quelle di “Get Up!”. Osare è anche pensare, comporre e arrangiare un brano (“Pino”) per omaggiare il proprio Maestro, in questo caso Pino Forastiere. Un brano complesso e nel contempo intuitivo, la cui esecuzione merita sempre una particolare attenzione per completezza di tecnica.
Per intuizione, “L’insonne” è forse la composizione a cui l’artista è legato di più. Nell’ascolto mi sovviene sempre “Layover” (di Hedges), per il carico di intensità che si porta appresso il pezzo molto spesso pare respirare.
Infine a chiudere il decalogo di “Anima Meccanica”, c’è “Bijoux”: una delle prime composizioni di Giovanni (ma non per questo minori) e soprattutto superstite della sua pignoleria artistica. Un pezzo semplice, vivace e spontaneo. Non nascondo che sia il brano a cui devo l’emozione più grande.
Ma l’essere spettatrice (complice un’atmosfera nuova per la sua musica, il “Blue Note” di Milano - tempio sacro del Jazz) mi pare sia il regalo più bello.
E, nonostante la meritata acclamazione, esserci e basta.

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